giovedì 29 dicembre 2022
Negli ultimi mesi le quotazioni delle criptovalute come i Bitcoin sono crollate. Crisi passeggera o fine di un ciclo?
Le dinamiche di queste crisi sono tutte molto simili: quando i clienti iniziano a chiedere indietro il loro denaro, le aziende prima sospendono i prelievi, poi saltano per aria. E si scopre che a vendere le azioni sono gli stessi vertici

Le dinamiche di queste crisi sono tutte molto simili: quando i clienti iniziano a chiedere indietro il loro denaro, le aziende prima sospendono i prelievi, poi saltano per aria. E si scopre che a vendere le azioni sono gli stessi vertici

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Nel mondo delle criptovalute l’apocalisse sembra essere sempre lì, a un passo da noi. Da qualsiasi punto la si voglia guardare. Nella visione del mondo di quelli che possiamo definire “criptoentusiasti”, il denaro così come lo abbiamo conosciuto nei secoli presto sarà abbandonato e troverà il suo posto nei musei tra altri oggetti obsoleti, come le carrozze o le cabine telefoniche. I vecchi soldi finiranno male, dicono, perché non sono efficienti: soprattutto hanno il difetto di svalutarsi con l’inflazione e di potersi moltiplicare in base alle decisioni delle banche centrali. Per questo saranno spazzati via. Sarà la fine di un’era e ne inizierà un’altra, in cui tutti riconosceranno il valore di bitcoin, ethereum, ripple, dogecoin e decine di altre valute basate sulla finanza decentralizzate e le catene di blocchi. Quando questo avverrà, le banche centrali saranno svuotate dalla loro ragion d’essere, quelle private perderanno il loro antipatico potere. Le regole del denaro saranno allora fatte dal “popolo”. O meglio: i nuovi padroni dell’economia mondiale saranno quelli che hanno fatto scorta di criptovalute in questi anni. Spesso nella scena finale di questa visione apocalittica si vedono i cripto-entusiasti al volante di sgargianti Lamborghini, che per qualche ragione sono le loro automobili di riferimento e, più in generale, lo scopo ultimo dell’investimento in bitcoin.


Tra quotazioni crollate e fallimenti, il mondo dei bitcoin sembra a un passo dall’implosione Sarà così oppure anche questa volta il sistema ripartirà? Le autorità di vigilanza in allerta

All’immaginario futuribile dei cripto-entusiasti si contrappone la visione dei cripto-critici, altrettanto apocalittica. Lo scenario disegnato dai cripto-critici è proprio l’opposto: i bitcoin e le altre criptovalute otterranno alla fine il valore che meritano. Cioè zero. Perché arriverà il giorno in cui chi ha pensato bene di scambiare dollari, euro, renminbi o qualsiasi altra forma di denaro emesso da uno Stato con informazioni digitali chiamate “criptovalute” non troverà più nessuno disposto a fare lo stesso. Allora l’investitore scoprirà di non avere comprato altro che codici tanto complicati quanto inutili. Ci sono poche vie di mezzo tra i cripto-entusiasti e i cripto-critici. Figlie del nostro tempo, le criptovalute sono oggetti fortemente polarizzanti: tutto o niente, o ci si crede o le si disprezza. Qualche zona grigia però esiste. Intervistato su “Avvenire” qualche settimana fa il fondatore di Conio, società italiana che propone un portafoglio digitale per comprare e vendere bitcoin, ci raccontava che ci sono giovani che investono piccole cifre mensili in criptovalute più o meno con l’atteg-giamento di chi acquista un biglietto della lotteria.

Il futuro promette loro così poco (anche in termini concretamente previdenziali) che questi ventenni e trentenni vedono in quei soldi digitali una piccola speranza: magari i cripto-entusiasti hanno ragione e quelle frazioni di bitcoin comprate oggi a colpi da 50 euro al mese saranno le solide certezze su cui contare per trascorrere una serena vecchiaia in un’Italia che si spopola. Stanno in questa zona grigia, ma con un diverso atteggiamento, anche quelle banche e società finanziarie che si sono aperte alle criptovalute per offrire ai clienti la possibilità di investirci. Ci sono anche giganti finanziari come Morgan Stanley, Goldman Sachs, JP Morgan. Il caso di JP Morgan è particolarmente interessante: Jamie Dimon, che ne è l’amministratore delegato da quindici anni, non ha esitato a definire i bitcoin «una truffa» e «uno schema Ponzi», ma dal momento che i facoltosi clienti li volevano, la banca non gli ha impedito di comprarli inserendo alcuni fondi specifici nel suo portafoglio. Come spesso accade non solo a Wall Street, sulle valutazioni di merito hanno prevalso quelle di business: va bene qualsiasi investimento, se c’è modo di guadagnarci e non è illegale.

Le cronache degli ultimi tempi sembrano dire, ancora una volta, che l’apocalisse è vicina davvero, ed è quella di cui parlavano i cripto-critici. La quotazione dei bitcoin – che era balzata dagli 8mila dollari di inizio 2020 al record di oltre 67mila dollari dell’agosto 2021– è precipitata per assestarsi da qualche mese attorno ai 17mila dollari. Chi ha comprato un bitcoin a gennaio, ad oggi ci ha perso il 65%. Poteva andare peggio. Tra le altre criptovalute più popolari censite dal portale Coin Market Cap, durante il 2022 Ethereum ha perso il 68%, Ripple il 60%, Cardano l’81% e Solana il 93%. Il crollo dei valori ha trascinato in bancarotta diverse grandi società del settore. Il collasso primaverile delle criptovalute coreane Terra e Luna ha lasciato un buco da 42 miliardi di dollari, facendo fallire prima il fondo asiatico Three Arrows Capital e quindi, a luglio, la società di prestiti di criptovalute Celsius Network e Voyager Digital. Voyager era stata “salvata” dalla borsa di criptovalute Ftx, che sembrava una delle più affidabili ma è a sua volta è fallita clamorosamente a novembre – con l’arresto del fondatore e Ceo, Sam Bankman-Fried – proprio mentre stava tentando di salvare un’altra società di cripto prestiti, Block-Fi.

Le dinamiche di questi fallimenti sono tutte molto simili: quando i clienti iniziano a chiedere indietro il loro denaro, le aziende vanno in crisi. Prima sospendono i prelievi e quindi saltano per aria. Per questo negli ultimi giorni molti cripto-entusiasti sono spaventati da quello che succede in Binance, il principale mercato delle crypto: si moltiplicano le sospensioni dei prelievi con motivazioni “tecniche”. Il fondatore e ceo Changpeng Zhao continua a dire che tutto è sotto controllo, ma intanto le società Mazars e Armanino che facevano una (sommaria) revisione dei conti dell’azienda si sono ritirate e oggi Binance non trova un revisore che abbia un minimo di credibilità disposto a firmare i report della sua azienda, di cui non è nemmeno chiara la sede. Nel frattempo ha comprato a sua volta gli asset di Voyager. La principale rivale di Binance, la borsa americana Coinbase, non sta molto meglio: le sue azioni hanno perso il 45% da gennaio e i primi a venderle, è emerso, sono l’amministratore delegato e il direttore finanziario.


Il settore è a corto di opzioni per portare a bordo nuovi investitori, e soprattutto i loro soldi: dopo la pubblicità negli stadi e l’arruolamento di campioni, il bacino da cui pescare per trovare denaro fresco pare esaurito

In questo clima da fine dei giochi, le autorità di vigilanza in Europa e Stati Uniti stanno alzando il tiro: Sherrod Brown, presidente della commissione Banche del Senato americano, discutendo del caso di Ftx non ha escluso l’ipotesi «molto complicata » di mettere al bando le criptovalute. In Europa nel documento più duro fin qui prodotto sul tema, il direttore generale della Banca centrale europea Ulrich Bindseil ha scritto che i segnali di stabilizzazione sul mercato dei bitcoin sono in realtà «l’ultimo sussulto indotto artificialmente prima della strada verso l’irrilevanza» e ha suggerito di non regolamentare il settore per evitare una qualsiasi forma di legittimazione.

Forse è davvero la fine, ma le criptovalute hanno già dimostrato in passato di avere più vite di quante immaginiamo. Merito (o colpa, dipende dal punto di vista) della fiducia che milioni di cripto-entusiasti sembrano ancora avere nella possibilità di trovare sempre qualcuno a cui vendere queste valute criptate. È la dinamica tipica di uno schema piramidale, in una sua più intrigante versione digitale, pompata da social media e spregiudicati miliardari alla Elon Musk. Certo, il settore è ormai a corto di opzioni per portare a bordo nuovi investitori, e soprattutto i loro soldi: dopo la pubblicità negli stadi (e addirittura del Var, in Italia) e l’arruolamento come testimonial di campioni dello sport com Tom Brady, Lionel Messi e Serena Williams il bacino da cui pescare per fare entrare denaro fresco nel sistema sembra ormai esaurito.

Allo stesso tempo il crollo delle valutazioni può tentare trader esperti ma non la massa dei piccoli investitori che serve a portare la quantità di denaro necessaria a risollevare le quotazioni. La stretta monetaria e la recessione hanno poi ridotto i soldi in circolazione, rendendo tutto più complicato. In questi anni abbiamo imparato quanto sia difficile mettere limiti all’inventiva scaltra dei professionisti delle criptovalute e alle speranze più o meno ingenue dei loro sostenitori. Per questo il destino di bitcoin ed emuli vari sembra tutt’altro che già scritto.

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