Migrazioni: una proposta agli Stati
domenica 16 luglio 2017

La questione migratoria è un fenomeno complesso nel villaggio globale, che riguarda tutti, ricchi e poveri. Purtroppo, però, questo approccio olistico non è così pacifico ed evidente nell’agenda politica internazionale. Per esempio, l’indirizzo dell’Unione Europea, sia nell’ambito delle istituzioni comunitarie come a livello di Stati membri, è sintomatico di una visione politica riduttiva e di parte. Nella migliore delle ipotesi, i leader degli Stati europei sono arrivati a dire "sì" al salvataggio delle vite umane e, spesso, "no" all’accoglienza... Se da una parte è vero che l’integrazione è problematica, e trova resistenze, nell’attuale congiuntura, all’interno di vasti settori dell’opinione pubblica, dall’altra è ancora più chiaro che la povertà presente nei Paesi di provenienza dei migranti sta generando un flusso di umanità dolente, spesso ostaggio di circuiti legati alla tratta di esseri umani. Eppure, a pensarci bene, le popolazioni che oggi si muovono da un continente all’altro per guerre, inedia e pandemie rappresentano anche e soprattutto un capitale umano da non sottovalutare per le sue potenzialità.


Ecco che allora ciò che sta avvenendo nel Mediterraneo – nell’antico Mare Nostrum convertito tragicamente in Mare Monstrum – esige capacità di "governance globale". Come? Se si vuole che un "qualcosa di importante" venga considerato nel suo giusto valore, dunque non sprecato, non c’è modo migliore che farlo pagare. Questa semplice mossa instaura un circolo virtuoso perché chi non compie alcuno sforzo per affrontare una questione che riguarda l’intera comunità planetaria (dunque non solo dell’Europa, ma anche dei Paesi africani e mediorientali) viene penalizzato, mentre chi riesce ad apprezzare le risorse umane migranti ottiene un riconoscimento, non solo economico. Pensiamo, allora, a un’autorità sovranazionale in grado di stabilire un "credito di migrazione massimo" (standard) diviso e ripartito sotto forma di «diritti di migrazione» tra Stati sovrani del Nord e del Sud del mondo (dunque non solo europei, perché il tema è globale). L’idea non è ovviamente quella di "monetizzare" la vita dei migranti: si tratta di una semplificazione; utile tuttavia a fornire la base per una corresponsabilità di tutti nella gestione di un fenomeno che riguarda tutti.

Il meccanismo – l’impegno e la sfida – sarebbe quello di accogliere migranti nei propri territori in quantità pari o superiore alle quote assegnate (secondo criteri da stabilire in sede internazionale). In caso contrario, il governo in questione dovrebbe acquistare i crediti che gli mancano da altri governi che, invece, si siano comportati in maniera più virtuosa di quanto richiesto, e che quindi possano, per così dire, "cedere" i propri crediti "eccedenti".

Con questo strumento, gli Stati che intendono accogliere i migranti ci guadagnerebbero sia economicamente sia in reputazione. Infatti, sarebbero messi nelle condizioni di trarre un beneficio dalla vendita dei loro crediti, dimostrando all’intero sistema globale di essere in grado di rispettare le regole e addirittura di fare anche meglio. Allo stesso tempo, il riconoscere un 'credito di migrazione' darebbe luogo anche a un parallelo riconoscimento dei diritti fondamentali di ogni uomo o donna migrante (che danno contenuto al legittimo diritto umano di poter scegliere se partire o restare nella propria terra, e di ricevere – se e quando necessario – appropriata assistenza umanitaria), che potrebbe avere un’articolazione diversa, ad esempio, nel caso di una persona in una situazione particolarmente vulnerabile.

Prendiamo allora, Paesi come l’Austria, l’Ungheria o la Polonia che non intendono accogliere richiedenti asilo. In questo caso essi dovrebbero pagare quei Paesi virtuosi che, sulla scena internazionale, si fanno carico della questione migratoria. Qui però l’attenzione non va rivolta solo all’Italia, che oggi è forse il Paese europeo che più di altri, si sta facendo carico delle migrazioni attraverso il Mediterraneo. I flussi migratori riguardano solo marginalmente il Vecchio Continente, se si considera che la maggior parte della mobilità umana è concentrata nel Sud del mondo. In termini di valore assoluto del contributo economico per abitante, 8 dei 10 primi Paesi che accolgono rifugiati sono in Africa (Sud Sudan, Ciad, Uganda, Burundi, Niger, Ruanda, Mauritania e Camerun) e 2 in Medio Oriente: Libano (quarto) e Giordania (ottava). Si tratta, dunque, di disegnare una road map veritiera, che vada ben al di là delle narrative pre-elettorali di questo o quello schieramento politico, di questa o quella nazione. Ripetiamocelo, è ora di cambiare logica: dalla globalizzazione dei mercati all’affermazione della globalizzazione dei diritti cardine della persona umana.

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