Il rigore sbagliato da Lautaro Martinez in Atletico Madrid - Inter - Ansa
Incompresi dall’Europa. Destino italico. Le tante, troppe incomprensioni della nostra politica con la Ue sembrano riverberarsi anche in campo dove i club italiani che partecipano alle Coppe europee vengono puntualmente bocciati. Fuori l’Inter, ora siamo anche fuori dal G8 della Champions. Mai una gioia. L’ultima volta che siamo stati campioni d’Europa è stato nel 2010, vittoria della Champions dell’Inter di José Mourinho a Madrid (2-0 al Bayern e andare).
Madrid è anche la città dell’ultima debacle nerazzurra che in Europa vive ancora aggrappata ai ricordi, ai momenti di gloria legati alla mitica squadra nerazzurra del triplete. E quella formazione di Mourinho, la società allora a gestione famigliare di Massimo Moratti, a sua volta viveva della gloria che rimandava ai fasti dell’Inter degli anni ’60 del papà-patron Angelo e del Mago della panchina H.H. (Helenio Herrera). Letteratura da storie di cuoio, mentre l’attualità è da piatto piange. L’ultimo trofeo europeo in Italia lo ha riportato sempre il Mago di Setùbal Mourinho: la sua Roma due anni fa ha vinto la Conference League. Una Coppetta sperimentale nella gerarchia della Ue del football, ma tanto è bastato all’indomani del trionfo giallorosso a far dire al visionario Mou: “Siamo campioni d’Europa”.
Del resto dopo l’ultimo mercoledì, niente affatto da leoni, guardando a quel successo giallorosso si prova quasi uno scampolo di consolazione, un’oasi di speranza davanti al deserto attuale. Sì perché tutte e tre le “sorelle italiane” sono inesorabilmente uscite dalla Champions. Prima la Lazio del subcomandante dimissionario Maurizio Sarri, castigata da un Bayern Monaco che non è la migliore versione del decennio, ma comunque sufficientemente attrezzata per estromettere i pretoriani romani del presidente Lotito che in campionato viaggiano con un ritardo dai vertici che li rilega a metà classifica e quindi fuori dalle prossime Coppe europee. A meno che la Lazio non vinca la Coppa Italia, ma prima dovrà vedersela con la Juventus (orfana di Coppe per questa stagione) in semifinale. Dopo la Lazio è toccato al Napoli uscire di scena.
Ci ha pensato un Barcellona giovane e poco esperto qual è la formazione del leggendario hidalgo Xavi a far capire a De Laurentiis che il ciclo vincente aperto con Spalletti adesso si regge sulle spalle dell’altro supplente Calzona, anche lui ex vice di Sarri, come il Martusciello che ha appena preso ad interim la gestione della Lazio. E malus in fundis, fuori dalla Champions anche la bella con anima, almeno nel nostro torneo nazionale: l’Inter di Simone Inzaghi. Il bel gioco è un’illusione che non paga al tavolo della Ue del football. L’Inter quest’anno pratica un calcio per palati fini, ma contro i distruttori di gioco per antonomasia dell’Atletico Madrid del “Cholo” Simeone l’eliminazione è di rigore. Simeone è lo stesso ex Inter che, con la maglia della Lazio nel 2002 fu protagonista del nefasto 5 Maggio romano, quando l’Inter di Cuper all’ultima giornata gettò all’ortiche lo scudetto (regalato alla Juventus) perdendo contro degli avversari già in vacanza.
Ironia della sorte, quella domenica delle salme nerazzurre Simeone e Simone Inzaghi furono soci d’impresa nella disfatta interista, segnarono i gol decisivi del 4-2 della Lazio all’Inter. Mercoledì sera invece sotto il cielo di Madrid sono stati nemici per 120 minuti fino al duello dal dischetto che ha decretato la fine del sogno stellare dell’Inter in pratica già scudettata (tricolore n° 20) ma ancora una volta fuori dalla Champions.
Il bilancio dell’ultimo anno solare si chiude con un 2023 in cui in Champions ci eravamo parzialmente riabilitati portando una squadra ai quarti (Napoli) due in semifinale (Milan e Inter) e una in finale, proprio l’Inter di Inzaghi che se l’era anche giocata alla pari contro i fenomeni del Manchester City di Pep Guardiola. Il 2024 invece alle idi di Marzo si chiude già in deficit: tutte e tre le formazioni italiane rispedite a casa agli ottavi. Nell’anno degli Europei di Germania non è un bel segnale per il nostro calcio. In questi casi gli allarmi di una crisi di risultati, oltre che di identità forte e vincente, si rimettono a suonare. E torna sempre d’attualità il vecchio monito di Don Fabio Capello: “La Serie A è poco performante”.
In effetti, eccezion fatta per l’Inter, Napoli e Lazio è dall’inizio del campionato che viaggiano nella zona di scarso interesse e hanno cambiato 5 allenatori, tre il club di De Laurentiis e due quello di Lotito. Non ci resta che fare da spettatori delle prossime imprese europee delle 8 regine della Champions ancora in gioco per la conquista dell’ambito e per noi chimerico trofeo. Quelle 8 big sono tutte l’espressione del meglio che può offrire il calcio inglese (Manchester City e Arsenal), spagnolo (Barcellona e Real Madrid), tedesco (Borussia Dortmund e Bayern Monaco) e francese (Psg).
Queste superpotenze del calcio internazionale, per introiti e capacità gestionali delle rispettive dirigenze, sono anche la rappresentazione perfetta di un G8 in cui non solo non siamo presenti, ma rischiamo anche che, nell’immediato futuro, come i Nomadi in coro canteremo “ma noi non ci saremo”.