Caro direttore,
sono fresca del concerto ferrarese di Francesco De Gregori e Antonello Venditti. Quando è partita la melodia di 'Sara', che appartiene all’album vendittiano 'Sotto il segno del Pesci' del 1978, mi sono improvvisamente rivista adolescente inferocita, anche un po’ intransigente: «Guarda un po’ ’sto maschio egoista che si fa i fatti propri (mi devo laureare) e non si occupa del bimbo che Sara aspetta, pure figlio suo». Ma subito un altro raggelante pensiero sul presente mi ha raggiunto: quale Sara, ancora sui banchi di scuola, potrebbe oggi davvero riuscire a pensare che «se ci crede, il suo bambino nascerà»? Quale canzone terrebbe aperta per lei, giovanissima donna, questa possibile scelta? Il pensiero dominante ha già pronta, 'per il suo bene', un’unica e sola risposta: si chiama aborto.
Gabriella Zucchi, Bologna
Formidabili quegli anni Settanta, verdi (e complicati) anni anche miei. E vibranti i sentimenti, e solide le speranze, e aperte le battaglie ideali. Era un’Italia giovane, quella, gentile e cara amica. E affrontava un bivio dietro l’altro, e seppe imboccarne tanti – ma non tutti – giusti. 'Sara', la bella canzone di Antonello Venditti, dava in modo agrodolce e trascinante una chance alla vita della creatura in arrivo dentro una storia storta eppure tenera. Oggi sarebbe possibile? Io, nonostante tutti gli slogan e i pregiudizi alimentati e messi in circolazione, penso di sì. Penso che credere nella vita, cioè riconoscerla per il bene che è e amarla, porti a non scaraventare sul figlio concepito le colpe di padri assenti (e, a volte, così irresponsabili e/o violenti che è persino meglio che quei «maschi egoisti» siano un’assenza e non una presenza). Ma penso anche che un uomo – per quanto giovane – possa saper stare accanto alla donna che lo ha reso padre e che lui ha reso madre. Certo la forza e la «pazienza delle donne» (cantate in un’altra memorabile canzone, 'Gli uomini non cambiano', scritta per Mia Martini) sono decisive per accogliere e custodire la carne e il senso stesso della vita. Accade nella realtà, pur in un Paese e in un pezzo di mondo dove l’aborto è stato depenalizzato e persino descritto come 'diritto' e non come 'tragedia', perché non dovrebbe succedere anche nelle canzoni? Io spero e cerco di lavorare, per la mia parte, perché ci siano sempre questa verità e questo coraggio in musica, e prima ancora nelle esistenze, nei cuori e nei giorni che ci stanno davanti.