Ogni bambino abbandonato è «un grido che sale a Dio». Siamo abituati agli occhi e alla faccia buona del Papa, al sorriso che spesso attraversa le sue parole, ma c’era da ammutolire, ieri a San Pietro, a questo monito: ogni bambino abbandonato, è un grido che sale a Dio e «accusa il sistema che noi adulti abbiamo costruito». Ieri, nella stessa mattina, i giornali erano come sempre pieni di cronache di sofferenze di bambini. Quei 3.500 piccoli palestinesi assediati nel campo profughi di Yarmuk, senza cibo né acqua né medicine, e quelli dello Yemen sotto le bombe, sono solo le ultime pagine del libro, terribilmente grosso e pesante, su cui potrebbero essere scritte le pene dei bambini nel mondo. O, per usare l’espressione di Francesco, la loro "Passione": quel misterioso, spesso umanamente intollerabile, dolore che i piccoli dei Paesi più disgraziati, ma anche a volte i figli delle nostre civili città, sono chiamati a portare. Nell’eterno scandalo del dolore innocente: quello che l’Ivan di Dostoevskij, nei
Fratelli Karamazov, non tollera, quello per cui vorrebbe «rispettosamente» restituire a Dio il biglietto d’ingresso a questa vita.La voce del Papa ci ha costretto a aprire gli occhi, e a guardare. Quanti, anche ieri, sono morti di stenti, quanti hanno rovistato fino a notte in una discarica, quanti – in Paesi abbastanza lontani perché noi possiamo non vedere – sono stati ceduti a ricchi turisti, che hanno compiuto sul loro corpo un sacrilegio. Quanti ne ha resi orfani una guerra, quanti sono morti per una malattia che un antibiotico da pochi euro avrebbe guarito. E fin qui è la realtà secca delle statistiche, dei rapporti delle organizzazioni umanitarie internazionali. Ma, con un minimo sforzo, non possiamo forse immaginare, nel campo profughi alle porte di Damasco, come ormai laggiù siano rimasti solo i più inermi, e l’affanno delle vedove, con una nidiata di bambini da sfamare? Non possiamo forse immaginare quanti bambini, nelle più misere periferie sudamericane, non oseranno tornare a casa questa sera senza i due soldi elemosinati in un giorno per strada? Ma, anche, senza andar lontano: quanti figli unici, soli davanti alla tv nei nostri palazzi, lasciati a se stessi nell’attesa che – tardi – una madre sola rientri, troppo stanca, dal lavoro. E quanti, in questa stessa mattina nei nostri ospedali vengono annientati fin dal principio, perché nessuno li vuole? Come si cancella, su un quaderno, un errore.Immaginare tutto questo, ci fa male. Non è forse vero che quando questi pensieri ci si affacciano alla mente la maggior parte di noi li allontana? E però il Papa ieri ci ha ricordato che la sofferenza di ognuno di questi bambini è grido che sale a Dio. Grido inudibile, ai nostri sensi di uomini; eppure così forte in cielo, e lacerante, da quasi oscurare le stelle.Pensate, ha detto Francesco, come sarebbe bello se nel nostro mondo pieno di errori ci si accordasse almeno su un punto: che nessun bambino, mai, sia rifiutato. A un simile mondo, ha aggiunto, Dio perdonerebbe molti peccati. Ma c’è fra noi uomini, profonda, e emerge a tratti, come pietrificata, una radice che non ha pietà nemmeno per i suoi figli. È colpa nostra, non di Dio, tanto male. E noi ignari, distratti, oppure impotenti, quando siamo costretti a guardare a quei bambini non avvertiamo nel fondo, magari indicibile, la stessa ribellione di Ivan? Noi non possiamo, come il personaggio di Dostoevskij, capire perché debbano soffrire i bambini. La loro, come dice il Papa, è una «Passione», un accompagnare Cristo negli ultimi passi, misteriosamente. (E Cristo, ha scritto Paul Claudel, non ha "spiegato" il dolore, ma si è disteso sulla Croce).Noi non sappiamo spiegare la sofferenza degli innocenti. Ma almeno possiamo non voltare gli occhi e non dire: non ci riguarda. Spesso possiamo, materialmente, fare almeno qualcosa. Sempre, possiamo pregare – non solo per noi e chi ci è caro, ma portando davanti a Dio quel grido, che potrebbe oscurare le stelle. Certi però, come ha detto ieri Francesco, che nessuno degli abbandonati, dei venduti, degli orfani di mille e mille guerre, è, da Dio, dimenticato. Che non esiste un solo bambino, che nasca «per errore». Né una sola sua lacrima, che vada perduta.