È un’emergenza globale, paragonabile o forse ancora più grave rispetto a quella del clima che tanto preoccupa l’umanità, la cui soluzione non può essere rimandata. Si tratta della 'resistenza batterica', espressione con la quale in ambito sanitario si indica il fatto che molti germi patogeni non sono più sensibili ai farmaci antimicrobici oggi disponibili, trasformandosi così in 'superbatteri', microrganismi potenzialmente mortali per i malati, come accadeva prima della scoperta e dell’impiego (a partire dal secondo dopoguerra) degli antibiotici. Se non si attueranno adeguate strategie di contenimento e di difesa si rischia di trovarsi di fronte a una drammatica svolta storica: l’inizio di un’era post-antibiotica che ci farebbe ripiombare in una condizione sanitaria non dissimile da quella presente nell'epoca pre-antibiotica. Gli scenari ipotizzati sono sconvolgenti: 10 milioni di morti all’anno in tutto il mondo per infezioni resistenti ai farmaci nel 2050 – più del cancro – se non si invertirà rapidamente nei prossimi anni questa tendenza.
«Il problema dell’antibioticoresistenza non può essere trascurato», aveva ammonito tempo fa Margaret Chan, direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. E’ una minaccia grave di cui si è finalmente preso coscienza e l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite lancia l’allarme. Nel corso di un’apposita riunione plenaria svoltasi a New York lo scorso 21 settembre, è stato approvato un documento ufficiale sottoscritto da tutti i 193 stati membri che li vincola a mettere in atto tutte le strategie possibili per superare questa emergenza. I firmatari s’impegnano ad aumentare la consapevolezza del pubblico sulla minaccia, a sviluppare sistemi di regolamentazione e sorveglianza sull’uso e sulla vendita di farmaci antimicrobici per uso umano e animale e a favorire l’innovazione nello sviluppo di antibiotici. I batteri sono comparsi sulla faccia della terra 3 miliardi di anni fa, quindi molto prima di noi uomini, e hanno colonizzato estesamente tutto il pianeta con i suoi esseri viventi. Sono animali unicellulari semplici, ma proprio per questo in grado di adattarsi rapidamente ai cambiamenti dell’ambiente, trovando sempre nuove modalità di sopravvivenza. Il che spiega la loro facile capacità di mutazione che li rende atti a resistere con successo al 'bombardamento antibiotico'.
L'antibiotico-resistenza si sviluppa per due ragioni: la prima è un uso eccessivo e inadeguato degli antibiotici in medicina umana e in ambito veterinario, la seconda è la mancanza di nuovi farmaci. Spesso vengono impiegati antibiotici per la terapia di patologie febbrili di origine virale, come l’influenza: non servono per guarire queste malattie, ma diventano un boomerang per la tutela della salute. La persistenza di grandi quantità di antibiotico nel corpo di un malato seleziona ceppi di batteri che diventano resistenti al farmaco utilizzato, rendendolo così inefficace per un suo eventuale uso successivo. La grande velocità riproduttiva dei batteri - alcuni si moltiplicano in decine di migliaia di esemplari nel giro di pochi minuti - amplifica ulteriormente il fenomeno. Spesso, soprattutto in ambiente ospedaliero, ci si trova di fronte a patologie infettive causate da 'superbatteri' resistenti che sovente diventano letali per il malato. Il problema della resistenza batterica è stato ulteriormente acuito negli ultimi decenni dall’indiscriminato uso di antibiotici in ambito veterinario – soprattutto per i bovini e negli allevamenti intensivi di polli e conigli – per motivi non terapeutici, solo per favorire un incremento ponderale. Una pratica ora ufficialmente proibita, ma ancora sovente impiegata.
Questa massiccia diffusione di antibiotici nell’ambiente (dispersi con i liquidi biologici degli animali) e nella popolazione (inconsapevolmente ingeriti con le carni delle bestie trattate) ha determinato una 'bomba ecologica' incontrollata, destabilizzando rapidamente il delicato equilibrio biologico tra ambiente, genere umano e germi (patogeni e non patogeni) stabilitosi nel corso dell’evoluzione. Questo rende oggi più difficile respingere gli 'assalti' dei germi patogeni. L’assenza di nuovi antibiotici (da trent’anni non vengono immesse sul mercato nuove molecole) preoccupa globalmente le istituzioni sanitarie. Il venire meno di interesse da parte dell’industria farmaceutica alla produzione di questi farmaci è legata in buona parte a ragioni economiche. Sono prodotti che 'non pagano' in termini di mercato. Dalla fine degli anni 80 infatti non sono state più inventate nuove classi di antibiotici. L’allarme dell’Onu, anticipato lo scorso anno dalla presa di posizione da parte degli Stati Uniti, della Gran Bretagna e dell’Unione Europea, che hanno elaborato documenti ufficiali miranti a fornire precise linee d’indirizzo operativo in ambito sanitario per superare il problema, sembra avere sortito l’effetto desiderato. S’inizia a intravedere una strategia vincente che permette di essere più ottimisti.
Durante l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite del 21 settembre, tredici tra le maggiori case produttrici di farmaci al mondo (tra cui Sanofi, Pfizer, Merck, Novartis, GlaxoSmithKline e Allergan) hanno ribadito la promessa di contribuire attivamente a ridurre il fenomeno della resistenza batterica. Per raggiungere questi obiettivi, le aziende lavoreranno per fissare nuovi standard di ricerca e rivedere i tempi dei processi produttivi. L’impegno dell’industria in questo settore era già stato formalizzato in precedenza durante il World Economic Forum tenutosi a Davos, in Svizzera, il 20 gennaio di quest’anno: 85 industrie farmaceutiche di 18 paesi avevano sottoscritto un documento con il quale dichiaravano la loro disponibilità a combattere il fenomeno dell’antibioticoresistenza attraverso tre strategie: incoraggiare un uso appropriato dei vecchi e dei nuovi antibiotici sensibilizzando medici e pazienti per un più responsabile impiego; ridurre i tempi per la ricerca e la produzione di nuove molecole, favorendo la collaborazione tra industria, università e istituzioni pubbliche, così da arrivare entro pochi anni alla commercializzazione di nuovi antibiotici; favorire l’accesso ai futuri farmaci a chiunque ne abbia bisogno in tutto il mondo.
Accendere l’interesse dell’industria per la produzione di nuovi antibiotici, insieme a un uso sostenibile da parte degli operatori sanitari di quelli ora disponibili, è certamente una delle vie da percorrere. Ma la resistenza batterica è un problema più complesso, che mette a dura prova le capacità 'creative' della medicina. La vera arma vincente in futuro potrebbe essere quella di cambiare strategia nella lotta alle infezioni: la battaglia contro i germi patogeni resistenti deve assomigliare più a una competizione tra rivali (in cui 'vince' il più agile e il più abile) che a una guerra tra specie (in cui chi sopravvive può successivamente scatenare nuovi letali attacchi). Occorre favorire i 'germi buoni' che stazionano nel nostro organismo per fare in modo che essi contendano con successo il territorio ai 'germi cattivi'. Una 'astuzia evoluzionistica' già impiegata con ottimi risultati in alcuni centri pilota e che potrebbe rappresentare la vera arma vincente del futuro, portando un ventata di sano ottimismo sulla reali capacità della medicina di riuscire a sconfiggere le malattie infettive.