Un raduno techno a Berlino - Ansa
A pensarci bene la domanda “suona” strana: e tu che musica indossi? Perché, anche se non lo diresti, il pentagramma è un abito con cui ti vesti a seconda di cultura, origini, qualche volta censo. Rock, folk, pop non sono solo generi musicali ma stili di vita, rivendicazioni di un’identità, martelli per abbattere barriere o, al contrario tirarle su. E allora il pensiero va a Berlino 1989, al muro che cade, al violoncello di Rostropovich a celebrare un cuore di città e di mondo diviso in due da 28 anni che finalmente si riunisce. E subito le macerie diventano un sentiero dove giovani di est e ovest possono scoprire di essere quello che sono sempre stati senza saperlo: un unico popolo, che parla la medesima lingua, che da lì a poco sognerà in modo uguale, che ascolta la stessa musica.
La sua è una colonna sonora elettronica che adesso l’Unesco premia come bene culturale immateriale dell’umanità. Sì, proprio la techno, nata a Detroit negli Stati Uniti ma entrata nel Dna di Berlino, tanto da spingere l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura a riferirsi proprio al ruolo giocato nella “liberazione” della capitale tedesca, all’insegna dell’accoglienza di ogni diversità di origine, sesso, religione. «La techno è diventata un rifugio per le persone emarginate e c'è una naturale attrazione per Berlino come uno spazio libero e sicuro per chi proviene da contesti illiberali, autoritari o meno permissivi», ha detto Peter Kirn, produttore musicale di Berlino, parlando con il quotidiano britannico The Guardian.
Qualcuno storcerà il naso, dirà che la techno non ha melodia, è solo un tappeto sonoro su cui camminare intontiti dal rumore, ma non fateci caso. Ogni cambiamento ha i suoi detrattori e questo, oltretutto, è legato alla carta d’identità verde dei suoi protagonisti, nel frattempo diventati donne e uomini maturi. Date retta, le cose fasulle non durano, per cui se la techno resiste, vuol dire che dietro c’era un pensiero, una visione, un progetto. Non staremo qui a spiegare in cosa consiste, non parleremo di loops di sintetizzatori, di patterns ritmici e di drum machine. Non è l’aspetto tecnico che ci interessa ma quello su cui si fonda, sul bisogno di libertà che diventa musica elettronica da ballo. Tecnologica, post-industriale, per certi versi futuristica. Forse un po’ stanca degli insegnamenti accademici tradizionali, ma non per questo ribelle. A meno che ribellione voglia dire tentare qualcosa di diverso dal solito, a costo di sembrare stonati. O, forse, la vera novità è il segreto da sempre alla base della musica: il desiderio di stare insieme, di scambiarsi i pensieri, di proteggersi sotto lo stesso ombrello. E se fa freddo, di scaldarsi con la stessa coperta. Perché le note musicali sono il filo con cui cucire un abito disegnato su misura sul nostro cuore. E tu sei rock, folk, blues? Quando sei da solo che musica indossi?