Antonietta cara, quanto ancora lunga e tortuosa è la strada del calvario che stai salendo? Quanto fiele contiene ancora la coppa alla quale sei stata costretta a bere? La tua storia ci sconvolse. Ridotta in fin di vita da tuo marito, uscendo dal coma profondo, ti guardavi attorno spaesata. La tua mente era immersa in un alone di nebbia fitta che ti impediva di capire. Lentamente i ricordi riaffiorarono. Luigi ti aveva colpito con diversi colpi di pistola. Lui, il carabiniere che avrebbe dovuto tutelare te e le vostre bambine, aveva tentato di ucciderti. Non ci riuscì, ma non se ne accorse. E corse a casa, la vostra casa, il nido che vi aveva visti felici tante volte. La casa dove Alessia e Martina, le vostre figlie, erano cresciute. La casa, che assisterà, impotente, alla loro morte violenta. Papà, il loro papà, il babbuccio che le bambine adorano, con inaudita freddezza, le ucciderà. Ho sempre sperato che non si siano accorte di ciò che stava accadendo. Che fossero passate dalla vita alla morte nel sonno. Alla fine, Luigi, punta l’arma contro se stesso. Una strage. Una inaudita, inutile, orribile strage. A Cisterna di Latina, la cittadina laziale nella quale, da Napoli, vi eravate stabiliti. Tu ancora non sapevi, quando riapristi gli occhi. Attorno al tuo letto si alternavano i parenti più cari, medici, psicologi. Occorreva trovare il momento giusto per dirti che le tue bambine non c’erano più. Chi avrebbe avuto il coraggio di farlo? Che sarebbe successo? Come avrebbe reagito questa giovane mamma? Avrebbe avuto la forza di lottare? La fede ti venne incontro. I fratelli e le sorelle della comunità di cui facevi parte non ti lasciarono sola. In Italia tanta gente pregava per te. La tua reazione, quando sapesti la verità, ci lasciò felicemente sbalorditi: «Il vero miracolo - dicesti - è che l’odio, il male, il rancore non hanno vinto nei nostri cuori. Ma regna un senso di pace, di pietà, di misericordia. Regna l’amore. La Parola di Dio ha vinto sulla morte».
Tanta gente si chiese come fosse possibile perdonare l’uomo che ti aveva rovinato la vita. Ci incontrammo. Diventammo amici. Ci volemmo bene. Fu dura per te riprendere il cammino. Avresti dovuto imparare - dopo essere stata moglie e mamma - a vivere da sola, con i tuoi ricordi, senza il calore delle tue figliolette. Chiunque avrebbe corso il rischio di smarrirsi. Chiunque, non tu. Ti iscrivesti alla facoltà di teologia. Ti impegnasti. China, per ore, sui libri a cercare di capire il mistero della vita, del male, della morte. Lo studio e la preghiera ti aiutarono a non impazzire. Gesù vivo e vero, sempre di più, divenne l’amico su cui contare. Sulle sue spalle imparasti a deporre il peso che ti schiacciava. Arrivammo da papa Francesco. Fummo ricevuti in privato. Noi tre da soli. Poche parole. Anche il Papa fece silenzio davanti alla tragedia immensa che, come un uragano, si era abbattuta su di te. Fu contento quando gli chiedesti di abbracciarlo. Poi ti fece una carezza. La sua mano che sfiora le tue guance. I suoi occhi nei tuoi. Mi sentivo un intruso. Ma ero contento. Sapevo bene che quegli incontri hanno il potere di fare miracoli. Ci siamo visti ancora. Come sempre accade nel cammino della fede, alle giornate di sole e di coraggio, facevano seguito momenti di buio e di sconforto. “Deus meus et omnia. Mio Dio e mio tutto. Il tuo volto io cerco, non nascondermi il tuo volto”. Sono passati sei anni da quel giorno orribile. La ferita che ti fu inferta, silenziosamente, continua a sanguinare. Il balsamo dello Spirito, attutisce non elimina il dolore. Alessia e Martina, in un’altra dimensione, continuano a vivere con te. Ti fanno compagnia. Il vostro dialogo non è venuto meno. Una notizia strana ci ha raggiunto in questi giorni. I parenti di Luigi avrebbero chiesto la loro parte sul piccolo appartamento che vi aveva visti insieme. La vostra casa, la casa del dolore, la casa dei ricordi. Nessun giudizio su chi pensa di aver diritto alla sua quota. La legge faccia il suo dovere. Il nostro pensiero va a te, Antonietta cara. Alla tua vita tormentata. Alla tua solitudine. Al tuo sconcerto. Alla tua fede. Forza! Continua a guardare avanti. Continua a seminare il bene. Continua a testimoniare Gesù risorto e vivo. Con il cuore trafitto e il sorriso sulle labbra continua a gridare al mondo e a noi , cristiani sempre tiepidi, che “forte come la morte è l’amore”.