Caro direttore,
sento i dati su disoccupazione, nelle sue varie forme e caratteristiche... Ho tre figli all’università, e può ben capire come segua quest’argomento con attenzione. Aggiungo che gli ultimi cinque anni di lavoro sono stati un calvario fra sottoccupazione, cassa integrazione, stipendi e lavoro che mancava. Alla fine però sono riuscito ad approdare alla pensione e di questo ringrazio Dio per essere stato, se vogliamo “graziato”, rispetto ad altri sfortunati colleghi e a tanti “esodati”. Questa la premessa doverosa, perché se vado in giro per negozi e centri commerciali vedo merce di tutti i generi, compresi gli alimentari, di origine e provenienza non italiana, allora qualcosa non mi quadra, qualcosa (e le responsabilità conseguenti da quel qualcosa) non torna... Forse, una politica e una gestione pubblica più lungimiranti avrebbero evitato questo scempio della nostra povera Italia e del suo sistema produttivo. Ma quel che è grave è che anche in questi ultimi mesi o settimane si faccia un gran parlare, ma poi alla fine tutto rimanga, almeno in apparenza, come prima.
Claudio Donati, Villasanta (Mb)
Già, a questo tanti di noi sono arrivati: al sentirsi “graziati” per aver raggiunto almeno la terra promessa della pensione... È davvero salato il conto per le leggerezze (amministrative e previdenziali) del passato e per le pesantezze che esse hanno scaricato sul bilancio dello Stato e, dunque, inesorabilmente, sulla vita di tutti noi cittadini. Perciò capisco, caro signor Donati, che la preoccupazione più grande che nutre sia ora per i suoi figli. La condivido totalmente, ma questo lei lo sa già perché il giornale che faccio assieme ai miei colleghi cerca di indagare a fondo un tema così cruciale e di raccontare e “mappare” le vie d’uscita dal pantano dello scoramento. Vie che pure ci sono e, nonostante le difficoltà, vengono continuamente aperte. Chiunque alzi appena lo sguardo dal recinto dei propri circoscritti problemi e interessi si rende, infatti, conto che c’è un’intera generazione alla quale dobbiamo consentire di vivere progetti, speranze ed entusiasmi (che tantissimi giovani e non più giovani hanno, eccome se li hanno...) senza schiacciarli sotto il peso degli errori fatti (o lasciati fare) per anni. Alcune cose sono state realizzate anche dal governo in carica: ben mirate, ma poche e oggettivamente limitate dall’esiguità delle risorse disponibili. Molte altre possono e debbono essere avviate, in Italia e per impulso o, almeno, non-ostacolo dell’Unione Europea. Proprio ieri, con Leonardo Becchetti, siamo tornati a scriverne con ampiezza e concretezza di argomenti.
Lei pare non fidarsi granché dei nostri politici, vecchi e nuovi, di ogni partito e movimento. Ed è difficile darle torto: a forza di leggere i numeri delle “Caporetto” del lavoro e di sentire e risentire parole a vuoto e stentoree zuffe sul “Jobs Act”, perderebbe pazienza e fiducia pure Giobbe... Ma ho la sensazione che alcuni degli attuali leader di partito, soprattutto i più giovani, abbiano capito che sono un’infinità gli italiani di tutti gli orientamenti che non ne possono più di una politica ridotta a sulfurea, propagandistica e sterile “fiera delle chiacchiere”. Da cittadino e da padre preoccupato, proprio come lei, me lo auguro. E da cronista non perdo occasione per ricordarlo a chi di dovere.