L'omicidio dal barbiere. E l'eroismo di chi dice no alla camorra
lunedì 9 settembre 2024

Hai un’ora libera, corri dal barbiere, domani è domenica e i capelli hanno bisogno di una sistematina. Lo conosci da sempre, il barbiere, un bravo ragazzo, ha messo su un piccolo negozio, facendo sacrifici, ma è contento. Il lavoro non manca. Si chiacchiera, si ride, si commenta, dal barbiere. L’Italia ieri ha vinto contro la Francia. Una soddisfazione, anche per chi, come me, non si lascia troppo coinvolgere dal gioco del calcio. Siamo italiani, anche se non sempre – per colpa nostra o altrui – ne sappiamo fare tesoro. Anche Camillo ha deciso di passare dal barbiere. È giovane, ha solo 29 anni, ma ha già qualche precedente penale, il che, a Scampia, vuol dire che, in qualche modo, si è lasciato accalappiare nella rete dei veri nemici dei napoletani, i camorristi. È una tentazione continua la camorra, per tanti giovani disoccupati. Una sirena bugiarda che prima li ammalia e poi li distrugge. Senza pietà. Non sa Camillo che da quel negozio uscirà in una bara di zinco. Avviene tutto alla velocità del lampo. Come sempre. Dodici colpi di pistola, sparati da un killer - come lui vittima e carnefice di un sistema maledetto - lo mandano all’altro mondo. È il panico. La morte vista da vicino è orribile. Quando ti sfiora al rumore delle pallottole è indescrivibile. Rimani là sospeso tra cielo e terra. Maledici il momento in cui ti è venuta l’idea di andare ad aggiustarti la barba. In un istante ti passano davanti agli occhi le tante vittime innocenti della camorra napoletana. Morti per errore. Tutti possono sbagliare, anche i sicari. Al boss dispiace tanto, mica è un tiranno, ha un cuore anche lui. Anzi, è disposto, se la famiglia vuole, anche a pagare i funerali. Il barbiere. Un eroe. A Scampia, lo abbiamo detto e ripetuto, gli onesti non sono solo onesti, sono eroi. E di questo lo Stato deve tenerne conto. Sanno di dover convivere con la serpa che morde e ti avvelena, ma non scappano. Sanno che la camorra è un tizzone acceso che se non ti brucia, tenta di scottarti. La camorra ha affossato Napoli, o, almeno, alcuni dei suoi quartieri. Lo Stato lo sa. Sa che un popolo di persone oneste resiste, in questa città, da anni, all’avanzata del nemico. Che questo popolo vive come in una perenne trincea. Che i bambini corrono il rischio di essere irretiti, rovinati, uccisi. Annalisa Durante aveva solo 14 anni quando, a Forcella, dovette dire addio alla vita per essere finita al centro di una sparatoria tra bande rivali. Camillo muore. Chi gli voleva bene, piange. Gli esperti, indagano. La notizia ben presto lascia il posto ad altri drammi, per la cronaca nera è quasi di routine. Che la camorra ammazza si è sempre saputo. Che colpisce il malcapitato ovunque si trovi, anche. Che ci possa scappare un morto per errore, è da mettere in conto. Occorre rassegnarsi. Spetta a noi napoletani, a noi che viviamo gomito a gomito con questi fratelli che tanto male fanno a se stessi e agli altri, scendere nei meandri di tanti cuori per poterne sviscerare e raccontare le paure, le attese, le speranze. E porre alcune domande. Come hanno passato la domenica i testimoni dell’orribile delitto? Come stanno adesso? È previsto per loro un supporto psicologico mentre saranno tartassati dalle domande degli inquirenti? Ce la faranno a riprendersi? E i clienti? Riprenderanno a frequentare il negozio insanguinato o, invasi dal terrore, inizieranno a girare alla larga? Avrà il coraggio, l’acconciatore, di tirare ancora una volta su la saracinesca o non accoglierà il consiglio, tante volte dato – per convinzione o per provocazione – di chi grida: «fuitevenne?» No, nessuno deve fuggire dai quartieri a rischio di Napoli. La resistenza di questi cittadini - eroi è indispensabile, deve, però, essere compresa, affiancata, supportata da uno Stato che – assolutamente - non può e non deve lasciarli in balia di criminali spietati e stupidi, che non esitano a uccidere finanche dal barbiere.

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