Elogio della gentilezza - Imagoeconomica
Ieri, 13 novembre, è stata la giornata della gentilezza: che bello, mi viene da dire! Anche solo sentirne la parola - la gentilezza - mi pare che nell’animo scenda un po’ di balsamo per curare il grigiore di questo tempo e l’infinita tristezza per le guerre ancora in corso; non soltanto, però, quelle che si combattono con le bombe, ma anche di quelle che si combattono con le parole, i gesti, le condotte improntate al pregiudizio, all’arroganza, alla prepotenza, insomma a tutta una serie di comportamenti che sono il segno di una disumanizzazione crescente nei rapporti tra le persone, tra i popoli, talvolta all’interno stesso della Chiesa e delle Chiese.
E così mi sono ricordato delle parole di papa Francesco nella Fratelli tutti, «è ancora possibile scegliere di esercitare la gentilezza. Ci sono persone che lo fanno e diventano stelle in mezzo all’oscurità» (FT, 222). Che sarà mai la pratica della gentilezza a fronte di quanto succede sotto i nostri occhi attoniti e tentati di girarsi dall’altra parte? Eppure le parole del Santo Padre danno voce alla Speranza, quella «bambina da nulla.., quella piccina che trascina tutto… e ama quello che sarà» (C. Peguy) e fanno intravedere la spiga dove gli occhi di carne vedono solo un seme che marcisce (P. Mazzolari). Non è vero che non possiamo fare niente! «Per vincere il male ci vuole gentilezza», titolava “Avvenire” in un’intervista a J.R Palacio domenica 5 novembre
Chi è gentile e si educa ad uno stile di gentilezza, offre il giusto ‘antidoto’ a queste giornate buie perché «aiuta gli altri affinché la loro esistenza sia più sopportabile, soprattutto quando portano il peso dei loro problemi, delle urgenze e delle angosce» (FT 223). Il Papa, come suo solito, scende nella concretezza e ci invita ad esprimere la gentilezza pronunciando parole di incoraggiamento che confortano, che danno forza, che consolano e stimolano, anziché parole che umiliano, irritano, disprezzano. La gentilezza, continua il Santo Padre, ci libera da quella crudeltà e durezza che tanto spesso penetra le relazioni umane, anche nelle famiglie; ci fa superare anche l’ansia che non ci lascia pensare agli altri e quell’urgenza distratta, che ci fa dimenticare che anche gli altri hanno diritto a essere felici.
In mezzo a una costante e pericolosa recrudescenza dell’aggressività, «ogni tanto si presenta il miracolo di una persona gentile», che mette da parte le sue preoccupazioni e le sue urgenze per prestare attenzione, per regalare un sorriso, per dire una parola di stimolo, per dare ascolto disinteressato e calmo a chi ha bisogno, rompendo un muro di indifferenza e superficialità.
Se tutti rinnoviamo l’impegno a trattare gli altri con gentilezza e con umile mitezza, a non ferire con le parole o i gesti, dando l’esempio in prima persona, nella nostra quotidianità, senza aspettare che siano gli altri a cominciare, il mondo cambia e si costruiscono ponti e non muri. «Il mondo si muove se noi ci muoviamo, si muta se noi ci mutiamo, si fa nuovo se alcuno si fa nuova creatura, imbarbarisce se sentiamo la belva che è in ognuno di noi. La primavera incomincia col primo fiore la notte con la prima stella il fiume con la prima goccia d’acqua, l’amore col primo sogno» (P. Mazzolari). Non si vince il male con altra brutalità, ma con il coraggio del bene e della gentilezza (J.R.Palacio).