Duemila persone armate in cammino nella notte tra sabato 11 e domenica 12 giugno, da Macerata a Loreto. Con i tempi che corrono, c’è di che preoccuparsi. Cos’hanno in animo di fare? Quale battaglia si preparano a combattere? La loro parola d’ordine è una frase che suona come una provocazione: «A Dio tutto è possibile». Se li guardiamo da vicino, scopriamo che sono uomini e donne protagonisti di un pellegrinaggio a piedi che questa notte vivrà la sua quarantaduesima edizione.
Promosso da Comunione e Liberazione insieme alle diocesi marchigiane e con la partecipazione di tante realtà ecclesiali, torna 'in presenza' seppure in numero limitato rispetto ai centomila di qualche anno fa, per motivi di sicurezza legati al Covid che non ci ha (ancora) abbandonato. Ventotto chilometri a piedi nella campagna, dallo Sferisterio di Macerata alla Basilica di Loreto, tra canti, testimonianze di vite rinate e soprattutto la preghiera del rosario. Eccola qua, l’arma. Spuntata? Dipende dall’uso. E dalla disponibilità ad affidarsi a Qualcuno che può cambiare l’esistenza. Come ha fatto una giovane donna, duemila an- ni fa, quando un angelo è andato a casa sua per dirle qualcosa di incredibile: avrebbe partorito il figlio dell’Altissimo. Impossibile? A Dio tutto è possibile. Maria gli ha dato credito, e il suo piccolo grande 'sì' ha generato una rivoluzione che avrebbe cambiato il mondo: il cristianesimo. Nel santuario di Loreto si conservano le pietre della casa di Nazareth che hanno sentito risuonare quel 'sì', e verso Loreto, questa notte, cammineranno i duemila pellegrini armati solo di preghiere.
Nel messaggio inviato da Davide Prosperi, presidente della Fraternità di Cl, si ricordano parole lasciate in eredità da don Giussani: «La preghiera diventi, sull’orlo del nostro orizzonte, l’avamposto della nostra umanità, della nostra umanità in battaglia, perché la condizione della battaglia è inevitabile e inesorabile, anzi, per il Signore è stata la croce. […] Qualsiasi errore, qualsiasi recidività nei nostri errori non ci fermi. Non ci fermi, perché Dio è misericordia». Viviamo giorni nei quali è più che mai necessario combattere la battaglia della pace.
Anche con l’arma della preghiera, come incessantemente ricorda papa Francesco, che non è l’ultima spiaggia su cui si attestano i deboli, ma il riconoscimento che abbiamo tutti bisogno di Qualcuno che ci liberi dal male, e che solo nel riconoscimento dell’altro come necessario al nostro compimento possiamo costruire qualcosa di duraturo. È il compito che la storia affida a chi ha scoperto in Cristo il tesoro della propria vita, e in questo tesoro risiede la speranza rigenerante da testimoniare a tutti i fratelli uomini.
Il presidente della Cei, cardinale Zuppi, che questa sera celebrerà la Messa che dà inizio al pellegrinaggio Macerata-Loreto, lo ha ricordato nella lettera al vescovo di Ondo in Nigeria, dove pochi giorni fa si è perpetrata l’ennesima strage di cristiani: «Come il Cireneo, condividiamo il dramma di quanto avvenuto, portando insieme a voi il peso della Croce, nella consapevolezza che il nostro cammino sarà sempre rischiarato dalla luce della Risurrezione. Il male non avrà mai l’ultima parola! Anche se l’oscurità e la morte sembrano avvolgere il mondo, siamo certi che la forza della preghiera e il dono della fede diraderanno le nubi».
Nella notte della guerra in Ucraina e di tutte le guerre che si combattono nel mondo, nella notte della strage di cristiani in Nigeria e di tutte le stragi degli innocenti, nella notte del male che abita dentro di noi, abbiamo tutti bisogno di una rivoluzione dello sguardo che ci renda capaci di vedere la luce della misericordia di Dio sull’umanità.