Sciliani
Al «complicato presente» che il Paese sta vivendo in questi mesi – e soprattutto in queste ore, vista la maturazione adesso anche formale della improvvida crisi di governo che si trascina ormai dagli inizi di dicembre – il cardinale Gualtiero Bassetti ha offerto ieri non solo le parole con cui ha aperto il Consiglio permanente d’inverno della Cei, ma anche e soprattutto una visione d’insieme, che può rappresentare il filo rosso per cercare di sbrogliare l’intricata matassa della partita istituzionale e politica formalizzata con la salita al Quirinale da parte del premier Giuseppe Conte.
È una visione che può riassumersi nel termine « oltre », utilizzato dal presidente dei vescovi italiani in più di un passaggio del suo discorso, ma che non si ferma certamente a quel vocabolo, declinato anche in relazione allo scenario delle esigenze del Paese, a cominciare dai più svantaggiati. «Oltre le emergenze del momento», ha chiesto innanzitutto di andare il cardinale. E quindi, si potrebbe tradurre, oltre una politica del piccolo cabotaggio e delle soluzioni solo sussidiali, e perciò «oltre la logica delle misure d’urgenza e di sollievo temporaneo per elaborare una strategia che sia davvero di sistema, anche al fine di impiegare al meglio le risorse in arrivo».
Molto di più di una condivisibile esortazione. Pur con la consueta pacatezza di stile e di toni, quella di Bassetti è piuttosto un’indicazione di metodo e di contenuti per quanti, nei diversi ruoli istituzionali e politici devono incaricarsi del servizio al bene comune. Del resto l’«oltre» auspicato dal presidente della Cei è quello che di fatto serve per tentare almeno di ridurre (se non proprio ricomporre) le linee di faglia – «fratture» le ha chiamate il cardinale – che travagliano la Penisola sotto il profilo sanitario, educativo, sociale e soprattutto delle nuove povertà, che si stanno allargando a macchia d’olio, come testimoniano i dati Caritas. Come sempre il presidente della Cei non parla a nome suo, ma anche in questa circostanza si è fatto voce del Paese reale, dei tanti «uomini e donne che ogni giorno in tutta Italia lavorano in operoso silenzio».
Quella voce che la Chiesa in Italia è per antica consuetudine attrezzata ad ascoltare e rilanciare anche laddove non arriva o non la si vuole sentire. La coincidenza temporale per cui proprio mentre Bassetti parlava al parlamentino della Conferenza episcopale italiana il presidente del Consiglio rassegnava le sue dimissioni può essere da questo punto di vista persino una opportunità in più.
Perché se è vero che priva il mittente, i vescovi e gli italiani, del destinatario istituzionale (il governo, appunto), è anche vero che allarga formalmente ed effettivamente la platea degli interlocutori, nessuno dei quali deve sentirsi escluso: Parlamento, partiti, sindacati, imprese, Terzo settore.
La palla è ora in buone mani, quelle del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nella cui «saggezza» il cardinale Bassetti aveva riposto la sua fiducia appena una decina di giorni fa, nella speranza che per attraversare questa crisi già troppo lunga (e allora non ancora formalizzata) il Paese riesca a passare per la «strada meno impervia».
Quella speranza ancora vive. Anche se non tutto dipende dal Quirinale e, del resto, al capo dello Stato non è certo mancata fin qui la saggezza: nel suo messaggio di fine anno, quando le fondamenta dell’esecutivo avevano preso a scricchiolare già da un po’, aveva invitato tutti (e, pur senza citarli, due in particolare, Giuseppe Conte e Matteo Renzi) a «non sprecare energie e opportunità per inseguire illusori vantaggi di parte». Era anche quello un appello ad andare «oltre», per «realizzare quella convergenza di fondo che ha permesso al nostro Paese di superare momenti storici di grande, talvolta drammatica, difficoltà».
Come abbiamo visto, non è stato ascoltato. Ma c’è ancora (poco) tempo per farlo, prima che qualcuno o qualcosa – la disoccupazione, il coronavirus, Bruxelles... venga a presentarci il conto.