Mauro Zucchini
Lei, caro signor Zucchini, dà atto ad Avvenire di aver dimostrato coi fatti che la logica del «pettegolezzo da buco della serratura» e quella dell’imbavagliamento dell’informazione non sono affatto inevitabili. Una «terza via», dunque, esiste. E per me – ma non solo per me – è e resta certamente la «via principale». È una via da percorrere con libertà da condizionamenti impropri e con rispetto (per la verità dei fatti, per il lavoro della magistratura, per le persone di cui scriviamo e per coloro ai quali ci rivolgiamo). Ed è la via che corrisponde in modo più adeguato ai doveri deontologici di un cronista e ai diritti del cittadino sia in quanto lettore-spettatore-ascoltatore sia come protagonista (spesso involontario) delle vicende al centro di un flusso informativo. Perché, allora, gentile e agguerrito amico, mi rimprovera di essere «pilatesco» se sostengo la necessità di scegliere con decisione proprio questo atteggiamento e questo percorso? Cerco solo di essere coerente con quel che mi sforzo di fare ogni giorno assieme ai miei colleghi, qui ad Avvenire. E tento di essere all’altezza di un’idea di giornalismo – non astratta né cinica – che ho appreso e maturato lavorando a fianco di colleghi di grande valore nelle diverse fasi (e testate) della mia vita professionale. Detto questo, non le nascondo che ho sperato anch’io e a lungo che, in questa materia cruciale, prevalesse grazie a Ordine (e – perché no? – sindacato) la libera capacità autoregolamentatrice della categoria di cui faccio parte e che, così, l’idea di un intervento del legislatore non tornasse ciclicamente e tormentosamente d’attualità. Sinora, purtroppo, non è andata in questo modo: troppi processi mediatici sono stati inscenati usando in modo insopportabile (e persino violento) delicati materiali d’indagine e notizie "sensibili" che poco o nulla avevano a che fare con le indagini poste sotto la lente degli inquirenti. Devo, insomma, ammettere che, oggi, la corrente va in senso contrario alle mie speranze. E che la sua domanda – «E per coloro che non si attengono alla "terza via"?» – è del tutto pertinente e riguarda in modo altrettanto stringente cronisti ed editori. Tuttavia, caro Zucchini, non mi rassegno a questo andazzo. Continuo a credere nell’esercizio responsabile del mio mestiere e cerco di dimostrare che è una bella possibilità. E se stavolta una "legge sulle intercettazioni" sarà infine varata, mi auguro che sia una legge ben calibrata, che non faccia piangere nessuno. Non è facile, ma potrebbe accadere... Grazie della stima.