Gentile direttore, il dilemma del senatore di questi tempi e su questi temi – unioni civili, adozione omosessuale, utero in affitto e commercio di gameti umani – in sintesi è: voto liberamente o voto quel che dice il partito? A questa domanda ha risposto bene Paola Binetti nella lettera che lei ha pubblicato su “Avvenire” del 12 febbraio 2016 (LEGGI), rimandando alla Costituzione che chiaramente stabilisce la libertà di agire e di esprimersi per i parlamentari. I senatori, però, a mio giudizio si trovano anche a un altro bivio: esercito il mio diritto oppure tengo conto del mio destino di parlamentare? Per rispondere bisogna prevedere cosa accadrà alla fine di questa legislatura quando i 315 senatori saranno mandati a casa perché il Senato non ci sarà più. Questi 315 senatori torneranno a svolgere il loro lavoro nella società civile o torneranno a bussare alla porta delle segreterie dei partiti (nel caso, in particolare, del Pd di Renzi) che hanno in mano il potere di candidare o no? Se si scorrono i curricula dei senatori, si evince come gran parte tornerà a bussare alla politica per continuare il “servizio” ed è perciò comprensibile un certo grado di ansia per il futuro. Nel concreto: un senatore del Pd o del M5S in questa condizione è veramente libero di votare? Risposta: il voto segreto certamente aumenta i gradi di libertà, il voto palese ci dice chi sta tra i vertebrati e chi no.Valter Boero, Università di Torino
Ho più stima di lei della statura umana e morale di buona parte dei senatori della Repubblica, caro professor Boero. Eppure sulle modalità per esprimere la libertà di coscienza in un passaggio delicatissimo, che proprio oggi entra nel vivo, lei e io arriviamo alle stesse conclusioni: quelle con cui suggella la sua lettera. Credo che la libertà di coscienza su questioni che non sopportano “vincoli di mandato” da parte dei partiti (io li considero tutti, nessuno escluso: dal Pd alle sigle minori, da M5S a Fi, da Sel ad Ap…) si debba esprimere sempre con «consapevolezza, coerenza e trasparenza». L’ho già scritto sulla prima pagina di questo giornale e lo confermo con accresciuta convinzione. Marco Tarquinio