Caro direttore,
a differenza di soli pochi anni, oggi disponiamo, fortunatamente, di una serie di buone teorie su quel che servirebbe per uno sviluppo dal volto umano. Convegni, rapporti, libri, siti informatici, ecc., convergono infatti sempre più a segnalare l’urgenza dei necessari cambiamenti per non soccombere globalmente; le ricette sono molto spesso identiche o simili. Una grande ricchezza, insomma, per chi voglia intendere. Non si può più dire, in buona fede, «non sapevamo, non eravamo stati avvisati!». Eppure? Eppure la distanza con i comportamenti concreti nella comunità internazionale e, giù giù, in quelle locali, resta spesso enorme. Un monumento di incoerenze. Si sa, ad esempio, cosa fare sul clima, ma non si applicano le direttive che pur esistono; si sa cosa fare per la pace, ma si continua nel commercio delle armi; si sa cosa fare per rinsaldare le democrazie, ma si lavora per debilitarle. Si sa cosa fare per una economia “buona”, ma continuano gli scandali; si sa cosa fare per una informazione libera, ma comandano sempre di più i “padroni”; si sa cosa fare per l’immigrazione, ma imperano gli egoismi e gli slogan. Si sa cosa fare per il dialogo interreligioso, ma resistono i fondamentalismi. Si potrebbe continuare. Attenzione! Non ascoltare i buoni Maestri – e, tra questi, un posto primario spetta certo a papa Francesco – porta alla rovina. Quel che è inedito è la velocità con cui tutto questo può accadere: nell’arco dei prossimi dieci anni si deciderà infatti moltissimo, nel bene oppure nel male. Resteranno i coccodrilli con le loro finte lacrime e con i loro forzieri pieni d’oro, oppure i popoli, i popoli tutti, guadagneranno più felicità?
Renato Omacini Lido di Venezia
È vero ciò che lei scrive, caro professor Omacini: sappiamo elaborare e comprendere ottime teorie, continuiamo ad attuare e a veder attuate troppe cattive prassi. Ma ci sono anche le buone prassi e non vanno dimenticate e svalorizzate, ma sottolineate e incentivate. E questo perché è ancora più vero che siamo in un tempo in molti modi decisivo, che sta scandendo una cruciale fase di passaggio. Dobbiamo esserne consapevoli e anche felici, perché abbiamo problemi gravi ma anche occasioni propizie. E non possiamo assolutamente lasciarci abbattere dal peso di quelle che lei, purtroppo a ragione e senza esagerare, definisce incoerenze monumentali. Per reagire con efficacia c’è un solo modo: fare ognuno la parte che ci spetta nei nostri settori di azione e di testimonianza cristiana e civile (nella scuola e nell’accademia, nell’economia, nei servizi pubblici, nell’elaborazione culturale, nell’informazione, nella Chiesa... ) e insieme, sul serio, “fare rete” tra noi. “Avvenire” cerca di dare motivi in più per impegnarsi e per avere la fede e la determinazione necessarie per riuscire. È semplicemente un giornale, ma comunque – grazie a chi lo fa ogni giorno e al suo editore – è uno strumento utile e disponibile in questa comune fatica.