giovedì 22 luglio 2021
Una riflessione sui gesti più significativi del capo dello Stato e... tanti auguri
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel corso dell'incontro con alcune scolaresche delle scuole secondarie di secondo grado, 16 marzo 2017. La giovane ritratta in questa foto è non vedente

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel corso dell'incontro con alcune scolaresche delle scuole secondarie di secondo grado, 16 marzo 2017. La giovane ritratta in questa foto è non vedente - Ansa/Paolo Giandotti/Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica

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Caro direttore,
domani compie ottant’anni Sergio Mattarella, il Presidente che ha accompagnato con eroica sobrietà la resistenza degli italiani nella più grande crisi della Repubblica: un crollo pandemico che ha incrinato gli equilibri sociali ed economici del Paese, ha privato molti di noi di 128mila familiari, in maggioranza nonni. Tutto questo senza poter contare su di una classe dirigente preparata sino in fondo all’emergenza. Una battaglia quasi "a mani nude". È l’immagine che mi sovviene ogni volta che lui compare in tv: le mani del Presidente. Le stesse mani che abbiamo visto distese lungo i fianchi il 25 aprile 2020 in ferma e assorta solitudine davanti al Mausoleo del Milite Ignoto, le mani con cui avrebbe voluto accarezzare la testa dei "suoi" giovani Alfieri della Repubblica (le insegne riconosciute a ragazzine e ragazzini che si sono impegnati per il Bene comune, sua magnifica intuizione). Le mani sulle bare dei morti di Covid, appena sfiorate. E, finalmente le mani e le braccia tese come in abbraccio per festeggiare a Londra la prima bella notizia dopo tanto dolore: la vittoria degli Azzurri del calcio agli Europei!

Ho incontrato il Capo dello Stato a Castelporziano, quando, appena eletto, decise di destinare la tenuta presidenziale a disabili e anziani: una rivoluzione, con l’unico precedente, nel 1950, dell’invito di Luigi Einaudi ai «mutilatini» di don Gnocchi. «Voi non siete soltanto graditissimi ospiti, il Quirinale è casa vostra», dichiarò. E questa ospitalità non si è più interrotta. Non dimenticherò un gesto che gli vidi fare allora e che non avevo visto fare a nessun altro suo predecessore: per aiutare le persone che non vedono a identificare i lineamenti di un volto si prendono i loro polsi, si fanno aprire i palmi delle mani e si portano sulla propria faccia. Bisognerebbe farlo ogni volta che ci si presenta per la prima volta a una persona cieca. E quella carezza presidenziale offerta e ricevuta disse tutto.

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel corso dell'incontro con alcune scolaresche delle scuole secondarie di secondo grado, 16 marzo 2017

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel corso dell'incontro con alcune scolaresche delle scuole secondarie di secondo grado, 16 marzo 2017 - Ansa/Paolo Giandotti/Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica

Come ha detto tutto a tanti di noi la scelta di vaccinarsi non in modo appartato, da detentore di un potere lontano, ma insieme ad altri cittadini della sua stessa età. Perché il Presidente, proprio come il Papa, durante la pandemia si è messo semplicemente accanto alla gente. Chi non ricorda il popolarissimo fuori onda "del barbiere" (che neppure per lui poteva fare un eccezione) durante il primo lockdown? Scrive Pietro Melograni nel suo Saggio sui Potenti «un capo deve sottostare in qualche modo alle caratteristiche culturali delle masse, alle abitudini secolari, e alle aspirazioni profonde di esse». E possiamo essere ragionevolmente certi che il Paese si è identificato in questo "capo-nonno" che ha fatto della fermezza, e dell’approccio sereno anche ai problemi più gravi, la cifra di comportamento.

Mattarella ha usato una pedagogia altissima per proporre il principio di solidarietà espresso dall’art. 2 della Costituzione: «La Repubblica (...) richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale». E ha fatto capire che i «doveri inderogabili», prima di essere scritti nelle Carte, devono esserlo nelle coscienze. È un fatto che, a causa della pandemia e grazie a questo stile comunicativo, gli italiani hanno ricominciato a credere nello Stato. In questo senso, il Presidente ha proseguito nel lavoro iniziato da Carlo Azeglio Ciampi, potremmo chiamarla "lezione Ciampi-Mattarella": un ’idea di Stato accogliente invece che patrigno, che si rispetta e si ama. Perché Mattarella a fatto sua la canzone di Francesco Petrarca. «Vertu’ contra furore / prenderà l’arme, e fia l’combatter corto: / che l’antiquo valore / ne gli italici cor’ non è anchor morto», valorizzando virtù e cancellando le armi. Come le nostre Forze armate, che tanto hanno fatto durante la pandemia, e che sono esercito di pace. E ci ha dimostrato così che non ci può rassegnare all’impossibilità del cambiamento e a non rispondere mai con indifferenza male inaccettabile.

Un diplomatico straniero mi ha chiesto come mai i nostri Capi di Stato sono stati oggettivamente migliori dei partiti che li hanno espressi. La risposta, oltre che nella "grazia di stato", va cercata proprio nella nostra italianità. Che si esprime nel Canto degli Italiani, quando – anche in questo tempo così difficile – resistiamo all’orrendo saluto con il gomito e, seguendo il più alto esempio, portiamo la mano sul cuore. Auguri presidente Mattarella. e grazie.
Direttrice di "angelipress.com"

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