Caro direttore,uno psicologo è dunque sulla graticola per avere affermato che dall’omosessualità chi vuole può uscire e può essere aiutato. Apriti cielo! L’Ordine professionale lo ha messo sotto indagine. Fortunato il professionista che rischia “solo” tre mesi di sospensione dall’attività. Esistono “pensieri unici” che, a fronte di equipollenti asserzioni “blasfeme”, prevedono ben altre punizioni.Andrea Picco
Il caso della “censura” contro uno psicologo di lungo e valoroso corso, il professor Zucconi, ha davvero dell’incredibile, cari amici. Lascio da parte ogni altra considerazione, rimandando all’ottimo articolo del collega Moia (“Avvenire” del 15 gennaio scorso), e qui mi chiedo soltanto – da profano quale anch’io sono, ma non da disattento e da sprovveduto – dove siano finiti i paladini della libertà della scienza, e persino gli assertori della più totale autodeterminazione dell’individuo. Che sarebbe libero di fare, tentare, disegnare e dire pressoché di tutto, ma non di rivolgersi a uno specialista per capire se l’omosessualità che eventualmente sperimenta con disagio è o non è la sua condizione. Questa è la dittatura del “pensiero dominante”, e c’è poco da scherzare. Per fortuna non sono ancora legge, in questo nostro Paese, certe incredibili punizioni che si vorrebbe irrogare a chi non si inchina ai “colonialisti” del gay-pensiero, delle teorie del gender, del matrimonio (figli compresi) come diritto anche per coppie di persone dello stesso sesso (che figli naturalmente non possono averne). Ma tra sospensioni dal lavoro in Lombardia (il caso del professor Zucconi di cui stiamo ragionando), inquietanti “bavagli” giudiziari a senso unico in Umbria (il caso dell’avvocato Pillon che abbiamo illustrato ieri), ciclici episodi di intolleranza verso iniziative civili e pacifiche come quelle delle “sentinelle in piedi”, il clima si va facendo pesante. Anche per chi, come noi, rispetta serenamente ogni persona, comunque la pensi e qualunque condizione umana viva. Proprio per questo non ci si può lasciare intimidire, non si può tacere, non si può rinunciare all’impegno. Proprio per questo, però, non ci si deve neanche accodare agli organizzatori delle risse liberticide, dello scontro per lo scontro che si punta a monetizzare in termini elettorali o, comunque, di fazioncina cultural-politica. Personaggi di questo tipo, purtroppo, non mancano e lavorano in maniera stridente (eppure a questo fine convergente) su diversi fronti. Penso anche a certi difensori (interessati e, spesso, di maniera) della “famiglia tradizionale”. Le buone ragioni non hanno bisogno di scimitarre, ma di testimoni tenaci e sobri. C’è bisogno di coraggio: quello di metterci la faccia senza maschere e senza bandiere di comodo, quello di affrontare le offese continuando a non offendere, quello di dire la verità senza paura e senza presunzione, con tutta la carità e la forza necessarie.
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