C’è un assurdo che trapela dal messaggio cristiano che ha il sapore della delusione. Una sensazione di fregatura attraversa chiunque voglia ficcare il naso nelle stranezze del Cristo. L’Atteso dai popoli e dalle generazioni finalmente si rivela, il Liberatore che per secoli era stato invocato si rende visibile. Finalmente Dio aveva ascoltato l’incessante preghiera del popolo, ma un bambino e non il condottiero valoroso, una creatura indifesa e non il rivoluzionario politico, si manifestava nell’anno Zero. L’anno che ha diviso la storia, l’evento che ha dato un nuovo conteggio al tempo, è segnato dal vagito di un bimbo e non dal grido del vincitore.
Quale sconforto e quanti pettegolezzi sottovoce correvano nei corridoi del Pretorio e nelle Sinagoghe della Palestina. Quanta delusione nella chiesa locale. Non il forte, ma il debole. Non il grande, ma il piccolo. Nell’Epifania di Cristo si legge in filigrana tutta la storia dell’umanità, anche i fatti contemporanei che sempre di più s’imbrattano di sangue e violenza. Le attuali guerre occidentali che lasciano presagire un conflitto intercontinentale “a pezzetti” sono l’esibizione muscolare della miopia del potere. Esprimono l’arroganza della conquista a tutti i costi, fino ad arrivare a legittimare politiche genocide, distruzioni di massa, violando ogni confine morale e umano che non s’inginocchia neanche di fronte all’innocenza dei bambini. Nei rapporti di forza nessuno cede di fronte all’altro, nessuno accetta l’idea di fare un passo indietro, segno di debolezza e del fallimento. Ogni parte contrapposta non può non mostrare la propria superiorità, pena la sconfitta e la derisione.
Eppure nella contraddizione dell’Epifania c’è una verità che aggiusta il diaframma del nostro sguardo per leggere la cronaca di questi giorni e di ogni tempo. È il paradosso della piccolezza che fa da spartiacque della storia. Si potrebbe dire che l’Epifania del Bimbo sia il programma di salvezza dell’umanità e che l’uomo potrà essere salvo, che vuol dire felice, se avrà imparato a vivere alla luce dell’Epifania.
La verità è che nel Dio inerme l’umanità troverà la salvezza. Nel Salvatore Bambino l’uomo capirà quanto vale la sua debolezza. Fuori dal paradosso dell’Epifania siamo un’umanità senza futuro. L’uomo rischia di annientare la sua stirpe per difendere i propri confini, questo l’epilogo della violenza umana. L’Epifania, invece, insegna che ogni persona potrà fare della sua piccolezza la sua grandezza, del suo fallimento il suo successo migliore.
Il tribunale della storia sarà impietoso con chi avrà fatto del suo tempo una prepotenza ingiustificata, della sua forza una supremazia che sopprime l’altro. Il Salvatore dell’umanità non ha indugi a manifestarsi nella culla piuttosto che su un trono, non teme di rendere pubblico il suo pianto piuttosto che il suo urlo di guerra. E al termine dei suoi giorni quello stesso Dio piccolo si manifesterà con un altro controsenso: il paradosso della Croce. Il Cristo, come dalla mangiatoia dice la sua forza, dal patibolo della croce griderà la Sua gloria.
E allora con sollievo oggi si esclami: «Finalmente Epifania! Mostra ancora e per sempre il tuo corpicino, Bambino innocente, il tuo pianto inconsolabile, la tua debolezza disarmante. Perché nell’Epifania dell’indifeso si nasconde la Salvezza di tutta la nostra umanità».