Gentile direttore,dopo aver letto la lettera del signor Scognamiglio ("Avvenire" dell’8 settembre) sulla "cultura" dell’urinare contro i muri che sarebbe propria di individui non italiani, mi è subito tornato in mente un film svizzero del 1978 "I fabbricasvizzeri" (Qui su Youtube). Il film era una satira di certa prassi svizzera nei riguardi di stranieri che cercavano di avere la cittadinanza elvetica. Tra i casi descritti c’era anche quello di un italiano che aveva tra l’altro commesso l’"errore", appunto, di urinare contro un muro. A quell’epoca gli svizzeri la consideravano evidentemente un’abitudine italiana. Grazie per la sua risposta.
Elisabetta Abate Hofelich, Mülheim an der Ruhr (Germania)
Gentile direttore,
desidero complimentarmi con lei per la risposta alla lettera di Carlo Scognamiglio ("Avvenire" dell’8 settembre) sui maleducati che sporcano le strade e non solo. Al signor Scognamiglio potrei segnalare le azioni che mi capita di vedere non infrequentemente (ma l’avverbio è un poco… eufemistico) in argomento a cura di "buoni" italiani.
Vincenzo Ortolina, Carugate (Mi)
Gentile direttore,
devo dirle che ho trovato perbenista la sua risposta alla lettera del signor Scognamiglio mi ha deluso parecchio. Mio padre dice sempre che "solo il mestolo sa quanto è caldo il sugo". E dunque vorrei raccontarle "quant’è caldo il sugo". Abito a Brescia in Via Milano, zona multietnica per eccellenza. Qualche tempo fa, prima del Covid, vedo tre ragazzi urinare in un parcheggio adiacente a casa mia, senza cercare assolutamente di occultarsi. Li richiamo, urlando, e loro mi si avvicinano minacciosi. Erano stranieri, sui vent’anni, e mi hanno gridato in faccia: «Guarda che qui siamo in Italia!». Traduco per le belle anime: «Guarda che in Italia si può fare quello che si vuole!». Dopo esserci gridati addosso per qualche minuto hanno deciso di dileguarsi. A quel punto devo dirle che mi è salita un po’ la xenofobia. Ma la sua risposta mi ha fatto salire a un livello maggiore la fobia di chi a tutti i costi deve giustificare lo straniero, facendo poi passare chi pretende comportamenti civili come razzista. È molto facile salire sul pulpito e indignarsi per il razzismo, anche quando non si parla di razzismo, ma di regole da rispettare. Nessuno, italiano o no, deve poter pensare: «Siamo in Italia, tutto è permesso!».
Pierluigi Di Peppe, Brescia
Grazie, gentile amica e gentili amici per la schiettezza con cui avete reagito a quel mio dialogo con il signor Scognamiglio che avevo intitolato «Che cosa significa saper difendere la nostra cultura (e cosa sporca di più)» (clicca qui per leggere). La signora Abate Hofelich vede bene come dall’estero hanno guardato e guardano agli italiani, non tutti, ma certamente coloro che su di noi nutrono pregiudizi e confezionano pessime caricature. Il dottor Ortolina, che è stato anche sindaco della sua città, conosce a fondo il valore delle regole più semplici e conferma che la sregolatezza maleducata e persino cialtrona non ha passaporto. Il signor Di Peppe, invece, confonde gli uni e le altre: i pregiudizi e le regole. L’orina sui muri, la sporcizia, secondo questo schema (sbilenco) e questa (il)logica è sempre e solo quella degli altri, degli stranieri. Basta pensarci su per rendersi conto dell’assurdità dell’affermazione che può anche salire alle labbra e finire nero su bianco dopo uno scontro verbale come quello che il lettore descrive nella sua lettera, ma non può essere ripetuta a mente fredda!
Pensare, questa resistenza attiva alla banalità anche feroce dei luoghi comuni, è alla portata di tutti. Ed è una sana abitudine, soprattutto per chi crede – con buona pace di quanti sostengono il contrario (altro pregiudizio!). Il signor Di Peppe e io la pensiamo alla stessa maniera e usiamo – meno male! – le stesse parole su una questione cruciale. Mi riferisco a quando il lettore bresciano scrive che «nessuno, italiano o no, deve poter pensare: "Siamo in Italia, tutto è permesso!"». Appunto. In Italia non si orina contro i muri e non si può parlare dimostrando xenofobia e razzismo. Non è permesso, e non ce lo dobbiamo permettere: per educazione e per civiltà, prima che per legge. Anche perché quando qualcuno, o magari più d’uno, si sente autorizzato a dire, o comunque mostra di ritenere, che l’orina sporca e manda cattivo odore più della xenofobia e del razzismo, di solito cominciano i guai... E noi italiani ed europei quei guai li abbiamo avuti e vissuti in modo terribile sulla pelle dei "diversi" e dei più deboli, e sono convinto che non li vogliamo più. Vogliamo giustamente città pulite e gente che semplicemente sa che cos’è il rispetto reciproco. Se questo è "perbenismo", me ne vanto. Ma per me è buona educazione, cittadinanza e concittadinanza. E anche buona fede.