Da tempo
Avvenire promuove una campagna per sottolineare come il benessere debba essere valutato su molte dimensioni e che le politiche di bilancio del governo non possono essere misurate solo contabilmente, ma anche e soprattutto per il molteplice impatto che hanno sulla vita delle persone. E più volte è stato ricordato che dietro i tagli alla sanità non ci sono solo gli sprechi ma anche la possibilità per tutti i ceti sociali di accedere a prevenzione e cure. I nodi arrivano purtroppo al pettine e i dati, prima dell’Istat e poi dell’Osservatorio nazionale sulla salute nelle regioni, che attestano una significativa (anche se lieve) riduzione dell’aspettativa di vita in Italia vengono interpretati in questi giorni ricordando improvvisamente che una delle possibili cause del fenomeno è la riduzione delle spese in prevenzione, effetto a sua volta della riduzione della spesa sanitaria. Poiché in Italia non esiste più un sistema sanitario nazionale, ma piuttosto 20 sistemi sanitari regionali, i dati rivelano anche che le diseguaglianze di benessere tra Nord e Sud si traducono in differenze di aspettative di vita. Una condizione che prevedibilmente origina migrazioni (sanitarie): in un mondo dove muoversi è più facile esse sono, proprio come per i flussi migratori internazionali, l’effetto inevitabile delle diseguaglianze tra comunità di diversi territori. Gli studi scientifici in materia sono ormai consolidati e ci dicono come la longevità dipenda da una combinazione di fattori: la qualità degli stili di vita (fumo, alcol e sedentarietà
in primis) e una corretta prevenzione con
screening periodici. Ma anche fattori più 'profondi' come la qualità della vita di relazione e la capacità di dare un senso alla propria esistenza, come confermato da alcune ricerche econometriche realizzate su un ampio campione rappresentativo di cittadini europei over 50 (indagine 'Share'). In perfetta coerenza con l’evidenza aneddotica, secondo cui, ad esempio, la perdita del partner in età molto avanzata diventa un lutto difficilmente superabile o il rischio di deterioramento delle condizioni fisiche aumenta significativamente per coloro che non riescono più a dare un senso alla loro esistenza. Da questo quadro d’insieme emergono due considerazioni fondamentali. Primo, il benessere economico e le risorse pubbliche dedicate al settore sanitario sono fondamentali in un’epoca come la nostra nella quale le conquiste della medicina hanno trasformato molte malattie mortali in malattie croniche, aumentando significativamente le probabilità di guarigione o di sopravvivenza a patto che i cittadini abbiano cultura, tempo e risorse per sottoporsi ai controlli medici. Secondo, contrariamente alle sciocchezze che leggiamo spesso quando alcuni organi di comunicazione s’innamorano di risultati di lavori scientifici male interpretati, il corpo umano non è una macchina, soggetta a guasti che richiedono solo tecnica e farmaci per essere riparati, quanto piuttosto un complesso e affascinante insieme di corpo e anima dove scelte personali, successi o insuccessi della vita e la nostra capacità di trovare motivazione e senso al nostro agire ha una straordinaria influenza sulla nostra salute. Due ulteriori dati preoccupanti segnalati dal Rapporto, e ben interpretabili sulla base delle precedenti riflessioni, sono l’aumento in Italia dell’obesità e dell’uso di antidepressivi. Se fossimo delle macchine basterebbe per risolvere il problema trovare lo strumento meccanico adatto per riparare questi due guasti. Se invece si parte dall’assunto che siamo esseri relazionali fatti di corpo e anima, è evidente che obesità e antidepressivi sono da una parte risposte di stress a una situazione economico-occupazionale difficile e dall’altra malattie dell’anima che possono insorgere anche in modo incorrelato rispetto alle nostre condizioni economiche e lavorative. Assieme a politiche economiche che riducano precarietà e impoverimento, e alle opportune iniziative di prevenzione circa l’adozione di corretti stili di vita, diventa dunque fondamentale lavorare più in profondità sulle 'malattie' della povertà di senso e su quella relazionale che privano molti di quell’energia fondamentale necessaria per vivere. La 'pasticca' qui non basta, perché c’è anche bisogno di percorsi di ricerca e di approfondimento personale e comunitario delle radici umane e spirituali e della straordinaria bellezza di quell’avventura che è la nostra esistenza.