Questa studentessa di Juba può studiare anche grazie a un semplice gesto - Antonino Costa / Open Caps
«Sognavo di poter studiare ma ero rassegnato al fatto che non sarebbe mai successo. Affidavo la mia vita al buon Dio che sa tutto. E ora sono qui, in una scuola, passo le mie giornate con i miei libri...». La voce di William si rompe per l’emozione, si scusa. Ha 20 anni e arriva dal villaggio per rifugiati di Bentiu, capitale dello Unity State. Si trova dentro i confini del Sud Sudan che, dopo l’indipendenza dichiarata nel 2011, continua a essere martoriato dalla guerra civile, dunque estrema povertà, fame, malattie. A questo si aggiunge che due terzi del Paese è attualmente colpito da alluvioni e inondazioni a causa della crisi climatica. Ci troviamo nella capitale Juba, al Bro Augusto Memorial College di Kit. Qui William e altri dieci ragazzi possono studiare grazie all’aiuto di uomini, donne e giovani della loro età, che vivono lontano migliaia di chilometri.
Un sacchetto di tappi di plastica può valere davvero molto - Antonino Costa / Open Caps
Per raccontare questa storia è dalla Sicilia che dobbiamo partire. Da un paese di poco meno di duemila anime in provincia di Palermo, Villaciambra, dove all’Oratorio Don Bruno di Bella portano avanti una buona e semplice pratica ecologica – la raccolta dei tappi di plastica – che ha effetti positivi in un luogo distante 5mila chilometri: il Sud Sudan, il “Paese più giovane del mondo”. «Le famiglie settimanalmente portano i loro sacchetti – spiega Francesco Raccuglia, volontario e presidente dell’oratorio – e lo stesso avviene a Palermo, dove grazie al supporto di fratel Claudio Parotti, la raccolta ha coinvolto diverse comunità parrocchiali». Fratel Claudio è un missionario comboniano. È a Palermo dal 2017 dopo anni passati in Colombia; nei suoi occhi azzurri puoi leggere il racconto di quello che ha visto, della gente che ha aiutato.
Studenti a Juba. Un tappo di plastica li aiuta a costruire un futuro dignitoso - Antonino Costa / Open Caps
All’inizio del 2022 ci viene mostrato per la prima volta il centro di stoccaggio di Villaciambra, un’area circondata dalle montagne, messa a disposizione da una famiglia del luogo. Tonnellate di tappi colorati in big bags da circa 170 chili lasciano intendere che c’è molta partecipazione, ma che serve anche tanto aiuto. I tappi vengono periodicamente trasportati in un’azienda della provincia che li acquista e li ricicla e da questa vendita vengono finanziate delle borse di studio per i giovani del Sud Sudan. Studiare per loro è l’unica possibilità di un futuro, di una vita, ma il sistema educativo del Paese è classificato a rischio “estremo”.
I tappi raccolti in Sicilia, a Villaciambra, aiutano i ragazze e ragazzi del Sud Sudan a studiare - Antonino Costa / Open Caps
Il valore dei tappi di plastica sta nel fatto che sono di polietilene (Pe) o polietilene ad alta densità (Hdpe) e possono essere riciclati quasi all’infinito. Negli anni la raccolta/vendita è diventata un vero e proprio business, economico, sociale e sostenibile. Una tonnellata viene quotata dai 150 ai 200 euro e corrisponde a più di 400mila tappi di plastica. Non esiste un tariffario nazionale e i prezzi oscillano, l’impresa siciliana quest’anno paga i tappi tra i 15 e i 18 centesimi al kg. «È di circa 11 tonnellate l’ultimo carico che abbiamo venduto – racconta Francesco – e abbiamo raccolto 2mila euro». In luoghi come il Sud Sudan sono tantissimi soldi se pensiamo, per dare un’idea, che c’è chi per strada sopravvive elemosinando 200 sterline sud sudanesi che corrispondono a circa 1 euro.
«Raccogliere tonnellate di tappi – evidenzia Tore Pastore, anche lui volontario dell’oratorio – vuol dire innanzitutto meno rifiuti da smaltire e meno plastica nell’ambiente. Ma si può sempre fare di più, così l’oratorio da due anni supporta economicamente l’attività di padre Mario Pellegrino, missionario marsalese di 35 anni che vive nei villaggi del Sud Sudan e aiuta sfollati e rifugiati con particolare riguardo ai giovani e alla loro istruzione attraverso il progetto delle borse di studio». Andare a Juba per documentare il “viaggio virtuoso” di questi tappi, era doveroso quanto necessario anche per mostrare per la prima volta alle famiglie di queste comunità palermitane il risultato tangibile delle loro azioni, della loro generosità.
Arrivare era però una scommessa con poche possibilità. Per la guerra, perché giornalisti e fotografi non sono ben accetti e la Farnesina sconsiglia dal recarsi in questi luoghi. E quando per motivi economici il progetto della partenza sembrava essere sfumato, la Provvidenza è venuta in aiuto. È stato così possibile l’acquisto dei biglietti aerei grazie a un’organizzazione italiana di volontariato, Caramella Smile, fatta da medici e chirurghi che operano in Africa con un progetto per la diagnosi e le cure di malformazioni cranio facciali.
Il diritto allo studio si può garantire anche raccogliendo tappi di plastica - Antonino Costa / Open Caps
Alla fine di agosto, l’arrivo in questa “periferia del mondo”. Al minuscolo aeroporto di Juba ad accoglierci c’è bro Bosco, il segretario della scuola, con il suo grande sorriso. A separarci dal villaggio, una strada sterrata di circa 15 chilometri, con buche come voragini che rendono la marcia pericolosa; per percorrerla ci vuole quasi un’ora. C’è chi, per vivere, deve farlo per decine di volte al giorno. Per le strade diroccate, abbandonate al caos e in condizioni igieniche ai limiti della dignità, ci sono occhi e orecchie ovunque e superato il ponte sul Nilo Bianco, dei poliziotti in borghese bloccano l’auto minacciando l’arresto per avere scattato delle fotografie passando sul “bridge”, considerato punto sensibile. Prendono la fotocamera e perquisiscono l’auto. Brother Bosco riesce a farli ragionare. Ci chiedono 200 dollari per lasciarci proseguire.
Tensione e amarezza svaniscono arrivati al Bro Augusto Memorial College. È un luogo felice nella disperazione del Sud Sudan. «La scuola – spiega bro Bosco – fa parte dei progetti finanziati nel paese dalla Cei, attraverso il Comitato e Servizio per l’Azione Caritativa nel Terzo Mondo». Ecco Simon, Jinup, David, James, William, Thomas, Elisabetta, Theresa, Sonia e Dorin, Jozeta, sono i ragazzi e le ragazze, tra i 15 e i 22 anni, che grazie alle comunità di Villaciambra e Palermo, possono studiare. Apprendere da noi che dietro questo “dono” ci sono semplici uomini e donne e giovani della loro età che vivono in un Paese lontano, li ha colpiti profondamente.
«Che Dio li benedica – dice Jinup alzandosi in piedi e incrociando le mani al petto –. Quando padre Mario mi ha detto “Andrai a scuola a Juba”, ho pianto. I miei genitori non si sono mai preoccupati della mia istruzione perché nessuno di loro è istruito. Penso che se siamo persone povere è per questo. L’istruzione è la cosa più potente, senza non puoi pensare a quello che puoi fare». Questi studenti finiranno la secondary school e avranno la possibilità di una scelta. Di un futuro. Ecco cosa ognuno di noi può fare smettendo di essere un semplice spettatore e diventando protagonista di quell’ecologia integrale di cui parla Papa Francesco, che può salvare il pianeta e i suoi abitanti.
Padre Mario purtroppo non siamo riusciti a incontrarlo. L’ultimo scambio di messaggi è di un mese fa: «Qui è la stagione delle piogge – scriveva – e la malaria sta uccidendo i nostri bambini”. Invia una foto: è con quattro ragazzi, hanno l’acqua all’altezza delle ginocchia. Sorridono.
Studiare è una grande opportunità. E deve essere possibile a tutti - Antonino Costa / Open Caps