Punto di partenza è abitare le parole, che significa trasformare i concetti in vita. Un processo affascinante ma complesso. Per questo bisogna muoversi senza fretta, lasciare che i ragionamenti si affinino, mettendo in circolo idee positive e perplessità, così da aprirsi a un confronto vero, alla ricerca di una soluzione comune, trovata insieme. Non a caso il Cammino sinodale si articola su tempi lunghi senza nascondere i problemi e le difficoltà che ogni ipotesi di cambiamento, grande o piccolo che sia, produce.
Nell’introduzione ai lavori dell’Assemblea generale della Cei il cardinale presidente Matteo Zuppi l’ha detto con disincantata chiarezza: pur nella ricchezza dei progetti e dei contributi sono emerse «fatiche», «dubbi», «difficoltà». E altre ne verranno fuori se il processo avviato dalla Chiesa italiana avanzerà nel modo giusto, affrontando i problemi a occhi aperti e con l’animo sereno del contadino che semina bene, rispettando i cicli naturali. In modo da essere premiato con i frutti che «matureranno a tempo debito». Fermarsi o, peggio, tornare indietro, non si può. Troppi i segni, le voci, le situazioni che interrogano la comunità cristiana. Dal calo della pratica domenicale all’indifferenza di tanti giovani verso il sacro, dal blindarsi nel fortino di un’identità chiusa al dialogo fino alla confusione tra Chiesa e ong, sul percorso non mancano le buche. Situazioni che non si risolvono con interventi parziali ma con una visione ampia, il più possibile condivisa coinvolgendo quanti più fratelli e sorelle possibili. Si procede e si decide insieme: «spesso una coscienza isolata – ha sottolineato Zuppi – non arriva a vedere dove invece giunge uno sguardo comunitario e sinodale».
La regola vale a sempre e a maggior ragione nel passaggio dalla fase dell’ascolto, a quella del discernimento cioè “sapienziale”. Concetti che si prestano a diverse letture, dunque «da abitare» per tornare al discorso d’avvio. Non si tratta infatti semplicemente di scegliere caso per caso ma di individuare la bussola sapiente che indichi lo stile e la direzione del cammino. Il primo passo, nella visione cristiana è l’ascolto, di Dio nella preghiera, con gli occhi aperti e il cuore docile all’azione dello Spirito, confrontandosi con le domande, tutte le domande, che la realtà presenta. Le grandi scelte, infatti possono nascere da situazioni in apparenza piccole, secondarie ma che alla lunga si rivelano decisive. Si tratta di affrontarle alla luce della Parola ricordandosi che non siamo noi, uomini e donne, i criteri del bene e del male ma che solo ponendosi in un atteggiamento filiale nei confronti del Padre, e quindi di fratellanza con gli altri, la strada può apparire meno buia. Nell’ultima catechesi di agosto 2022 il Papa elencò alcuni elementi indispensabili al discernimento: conoscenza, esperienza, affetti, volontà. Come si capisce è l’insieme della creatura umana nella sua affascinante complessità. Il Cammino sinodale, se vissuto bene, la interpella per intero, perché chiama alla bellezza e insieme alla durezza della strada, aspettando chi fa più fatica ma senza per questo deviare dalla via maestra. Cioè l’annuncio, da tradurre nei tanti ambiti di vita che la quotidianità propone.
I cosiddetti “cantieri” ce ne stanno dando un gustoso assaggio: dentro ci sono l’accoglienza dei ragazzi che chiedono di sentirsi accolti, l’incontro tra fedi diverse, la questione educativa, le solitudini delle periferie, la crisi del volontariato. Il criterio per valutarle e farli diventare ricchezza condivisa, è il discernimento che libera. Se un progetto taglia i lacci di una piccola o grande schiavitù, se fa crescere l’amore o lo rafforza, è buono, è secondo la sapienza di Dio. Che ci insegna ad abitare le parole che compongono il vocabolario della nostra esistenza. E che, tra tutti, come avverbio, predilige “insieme”.