martedì 24 marzo 2009
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Il Vangelo cammina e si diffonde nelle strade dell’Africa insieme al Papa. A popolazioni che mancano quasi di ogni cosa Benedetto XVI si è rivolto con le stesse parole ed immagini che Gesù ha usato quando ha iniziato la sua missione facendosi carico dei mali del mondo e dando a ciascun uomo una speranza per il futuro. Sono parole dolci perché rassicurano, ma anche aspre perché denunciano le colpe degli uomini. Sono parole sagge quando indicano la strada per superare le difficoltà, ma anche piene di forza quando propongono una fede e una felicità che non appassiscono. Il Papa ha parlato della sofferenza di Dio di fronte ai patimenti degli uomini affermando che «davanti a sofferenze atroci noi ci sentiamo sprovveduti e non troviamo le parole giuste». Si è rivolto alle popolazioni africane dicendo cose che altri tacciono, ed ha denunciato che se un tempo esse conoscevano l’emarginazione e il silenzio della storia, oggi vivono i mali della modernità, guerre, malattie, abbandono. Nascono tanti bambini in Africa ma molti vengono uccisi o mutilati, altri si ammalano presto, altri non vedono la luce perché così hanno deciso coloro che incentivano l’aborto, decidendo ancora una volta in modo atroce il destino degli altri. Molti bambini, prima dell’età adulta, sono violentati anche nei poveri vestiti perché si ritrovano in assurde divise militari che portano morte o mutilazioni. Lo scandalo dei bambini-soldato si aggiunge agli altri scandali che l’Africa subisce nel silenzio generale, nell’apatia di governi e potentati economici e militari. Nei giorni scorsi, mentre tanti critici non sapevano che dire, la voce del Vangelo è stata pronunciata in un continente ignorato dai potenti del pianeta, ed ha declinato le parole più semplici che esistano, sofferenza e amore, paura e speranza, egoismo e carità, pronunciando la condanna più aspra che si sia sentita in queste terre: alla sofferenza non ci si arrende e la si combatte con la dedizione che nulla chiede in cambio, ai tanti egoismi si deve contrapporre una logica di giustizia e di distribuzione dei beni, alla guerra si oppone il rifiuto della violenza e il disarmo dei mercanti di morte. Queste parole sono coerenti con una analisi razionale della condizione dell’Africa e con i diritti umani tante volte declamati, eppure nessuno statista le dice, nessuna cancelleria le mette al centro dei propri programmi. Sono, invece, le parole della speranza cristiana, e sono dette dal Papa a milioni di uomini, di donne e di bambini, che nella speranza vedono la possibilità per dare un senso alla vita. Mentre Benedetto XVI diceva e predicava queste cose si è verificato un fatto che fa riflettere. Chi aveva criticato Benedetto XVI perché sostiene l’umanizzazione della sessualità si è visto praticamente ridotto al silenzio, non è riuscito a dire più nulla quando il Papa si è rivolto ai popoli africani indicando i mali di cui soffrono e le loro cause. È rimasto in silenzio perché si è accorto che il vescovo di Roma non è solo, sa farsi capire dai semplici e da chi ha retta coscienza. Più di ieri, oggi sappiamo che il Papa non è solo in Vaticano, da dove si irradia il messaggio cristiano, non è solo in Africa dove accorrono per vederlo, ascoltarlo, anche solo sfiorarlo, popolazioni tra le più povere al mondo, che vedono in lui il simbolo e la garanzia di una strada diversa che prospetta una scelta per l’amore anziché per l’odio, per una vita degna in luogo dello sfruttamento degli altri, per una fede forte al posto di illusioni e ombre vaghe. I critici di ieri sono rimasti silenziosi perché nessuno li avrebbe ascoltati. Il Papa ha parlato in Africa contro la superstizione che prende di mira i bambini abbandonati e li indica come oggetti maligni da colpire, suggerendo di far loro del male, addirittura di ucciderli. Il Vangelo offre una fede luminosa, che cancella il buio della superstizione, e apre la mente alla ragione e al Dio della fiducia, mentre altri tacciono perché la loro ragione non conosce la fede e non sa reagire alla superstizione. Chi ha seguito il viaggio di Benedetto XVI è rimasto colpito da quanti gli correvano incontro, e da quanti cristiani, cattolici, vescovi, preti, suore, laici, sono impegnati nell’aiutare gli altri, nel trasformare un tempo che sembra fuori della storia in una storia nuova, positiva, cristiana. Si può sperare che siano rimasti colpiti tanti sapienti che non hanno potuto dire più nulla, perché hanno visto con i loro occhi che Benedetto XVI sa farsi capire da chiunque nel mondo cerchi con ansia verità anziché inganni, cose vere e umane invece di astrattezze o materialità.
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