Gentile direttore,
il Natale è vicino, come dimostrano panettoni e pandoro nei supermercati e l’ennesima (l’undicesima nel solo 2017) lotteria istantanea indetta dai Monopoli: un gratta e vinci ispirato alla ricorrenza che celebra la nascita di Cristo e intitolato “Magia di Natale”. Mi chiedo fino a che punto dovremo sopportare questa mercificazione, che non risparmia neppure le solennità più importanti. Non sono bigotto, ma accostare il gioco d’azzardo alla nascita di Cristo mi sembra davvero troppo. È vero che Natale ha pure una sua dimensione “laica”, è anche gioia, festa, regali, ma non si può dimenticare la ragione di questa celebrazione e poi, anche nella sua dimensione “laica”, cosa c’entra con il Natale il gioco d’azzardo? Ripeto, non sono bigotto, ma mi piacerebbe che la Chiesa intervenisse, non perché depositaria di un copyright della fede, esperienza personale e gelosa, ma in difesa di un principio e per stigmatizzare una mercificazione che offende la sensibilità di molti. Mi chiedo se, di questo passo, il prossimo anno – all’approssimarsi della Settimana Santa – verrà indetta una lotteria istantanea ispirata alla celebrazione più solenne della cristianità: “Pasqua d’oro” o qualcosa del genere... Fatto sta che la lotteria istantanea ispirata alla natività del Signore rappresenta il solito inganno e costituisce il solito attentato alla salute delle persone. Ventitré milioni di biglietti, di cui quattro contenenti il premio massimo, 100mila euro, e 3.870.720 che assicurano la restituzione della somma spesa per acquistare il biglietto, due euro e quasi 1.500.000 un “premio” di cinque euro. Insomma, come in tutti gli altri g&v, anche in questo la probabilità di perdita è altissima: 5.759.999 biglietti perdenti su 5.760.000. La probabilità di perdita del premio che serve solo ad essere immediatamente rigiocato è di 5 biglietti su sei, mentre la probabilità di perdita del “premio” da 5 euro è di 14,63 biglietti su 15. In media, per recuperare la somma giocata di due euro, occorre acquistare 6 tagliandi, spendendo 12 euro! Mentre per aggiudicarsi il premio maggiore, da 100.000 euro, in media bisognerebbe acquistare 5.760.000 biglietti, con una spesa di 11.520.000 euro, senza neppure la certezza di vincerne 100.000, essendo i dati espressi in media. Sui biglietti, le probabilità di perdita, la quasi totalità, viene mascherata attraverso l’indicazione della probabilità di vincita, peraltro “taroccata”, grazie al sistema utilizzato, “per fascia di premio”. La probabilità di vincere un premio da 500 euro, contenuto nella fascia di premio “fino a 500 euro”, viene indicata in un biglietto ogni 3,58, mentre in realtà la probabilità di vincere un premio da 500 euro è un biglietto vincente su 230.400, cioè le probabilità di perdita sono 230.399 su 230.400.
Osvaldo Asteriti
Caro Asteriti, con i suoi numeri lei si affianca a buon diritto a Paolo Canova e Diego Rizzuto, il matematico e il fisico che con la loro società di formazione e comunicazione scientifica (taxi1729.it) da anni girano per le scuole italiane illustrando agli studenti i paradossi dell’azzardo e l’alta improbabilità di vincere alcunché, fornendo istruzioni per non farsi infinocchiare. Un anno e mezzo fa, nel loro libro Fate il vostro gioco. Gratta e vinci, azzardo e matematica (Add Editore), dedicarono un ampio capitolo al gratta e vinci, in particolare a quello allora più venduto, “Il Miliardario”, primo premio 500mila euro. I biglietti costavano 5 euro l’uno e quelli vincenti erano il 26%, nella stragrande maggioranza di casi vincite da 5 o 10 euro immediatamente rigiocate. Per farla breve, in esemplare sintonia con lei, ecco la probabilità di vincere i tre premi maggiori: da 10mila euro 0,0003%; da 100mila 0,00004%; da 500mila (primo assoluto) 0,00002%! Ovviamente non sono questi i numeri offerti ai clienti da Lotterie Nazionali Srl, l’azienda che inventa e gestisce i gratta e vinci e nella quale a fare la parte del leone è il colosso mondiale Lottomatica. Ma di fronte a numeri troppo grandi o troppo piccoli la nostra povera mente si perde, non riesce a “vederli”. Così Canova e Rizzuto ricorrono a esempi tangibili. Ogni lotto, scrivono, è composto da più di 140 milioni di biglietti stampati. Messi in fila farebbero 21.384 chilometri, ossia: andare in auto da Torino a Capo Nord, poi scendere fino a Città del Capo in Sudafrica e infine tornare a Torino. Vincere equivale a fermarsi a caso in un punto qualsiasi, ad esempio in mezzo al Sahara o sulla tangenziale di Stoccolma, aprire la porta, pescare un biglietto e trovare quello giusto. L’insensatezza del “gioco” adesso è palese. Quanto alla squallida scelta di accostare l’azzardo al Natale, nulla da aggiungere alle sue considerazioni. Se non che l’industria dell’azzardo di massa, dopo aver colonizzato ogni luogo fisico, ora dà l’assalto ai luoghi dell’anima e del cuore, con sommo sprezzo del pudore. Lo fa con i gratta e vinci, talvolta considerati a torto una forma “minore” e meno pericolosa d’azzardo. Niente di più falso. Certo, accanto alle luci, ai colori e ai suoni delle slot sembrano cerbottane accanto a un cannone. Ma la loro capacità di provocare dipendenza è altrettanto forte, anche per la sua apparente innocenza. Se nelle sale apparisse una slot ispirata al Natale, probabilmente lo scandalo sarebbe difficile da assorbire. Ma un gratta e vinci è meno vistoso, sembra innocuo; così stanno tentando il colpo, contando sull’assuefazione dei clienti. Ennesima dimostrazione della mancanza di pudore, e semplice buon gusto, della sempre più avida industria dell’azzardo di massa.