Gentile direttore,
vorrei rivolgere un ringraziamento a Salvatore Mazza. Leggo con grande interesse la sua rubrica 'Slalom' e la trovo molto coinvolgente e istruttiva. Mi fa riflettere la capacità di raccontare le esperienze personali e di analizzare criticamente la realtà, attraverso un linguaggio chiaro, efficace e, soprattutto, ironico. Anche senza considerare la Sla – malattia subdola, non a caso nota come 'bastarda', in quanto neutralizza i muscoli, lasciando lucido il cervello –, è evidente la qualità letteraria dei suoi interventi, che rende merito a un vero giornalista. Alla luce della malattia, però, la rubrica si innalza fino a ricoprire un ruolo ancora più nobile, quello della testimonianza. In effetti, sorprende leggere affermazioni come «Non mi cambierei con nessun altro. Mi sto bene così». Mi domando, allora, mentre leggo 'Slalom': come fa un uomo, immobilizzato a letto, a essere in pace con se stesso, accettando la propria condizione? Io ne sarei capace? Riuscirei anche io a guardare la vita con lo stesso sguardo ironico? Condivido con lei e con i lettori questi interrogativi, con la consapevolezza che le domande scomode ci aiutano a riflettere di più su noi stessi e ci fanno crescere. Desidero anche mandare un abbraccio (metaforico, naturalmente) a Mazza, sperando che queste parole di vicinanza possano aiutarlo a sostenere la grande prova che sta affrontando.
Giacomo Santi San Marino
Al suo abbraccio per Salvatore Mazza, gentile e caro amico, aggiungo pubblicamente il mio e il nostro. È verissimo: Salvatore per lunghi anni in redazione e oggi da prezioso collaboratore è stato ed è un amico e un collega speciale, competente ed elegante nella scrittura, sodo e coinvolgente nelle argomentazioni, capace di un’ironia limpida, di quelle che non scadono mai nel sarcasmo. La Sla gli ha teso un agguato e lui resiste con tutta la sua intelligenza e il suo cuore e con un amore che ha soprattutto il volto e la forza della sua Cri e delle figlie Giulia e Camilla. Il Covid ci tiene distanti, l’amicizia e l’Avvenire che scriviamo ancora e sempre insieme ci tengono uniti.