Caro direttore,è giovedì 21 ottobre e le scrivo di ritorno dallo sgombero di Rom a cui ho appena assistito.Di nuovo. L’ennesimo, inutile, dispendioso sgombero nella nostra Milano. Questa mattina le ruspe si sono mosse in direzione Segrate, verso la zona della cave di Redecesio. Di nuovo. Scene già viste centinaia di volte negli ultimi anni: ragazzi e adulti che racimolano quel che riescono e lo caricano su mezzi più o meno di fortuna, senza sapere dove dormiranno la prossima notte; uomini avvertiti via cellulare dello sgombero, perché al mattino presto son partiti per il lavoro, nonostante si dica che «quelli lì mica hanno voglia di lavorare»; bambini che perdono i loro giochi, la loro vita di scolari, spesso anche lo zaino con i quaderni e di certo la spensieratezza che dovrebbe essere un diritto inviolabile alla loro età. Di nuovo. Le stesse persone, incontrate gli scorsi mesi al Rubattino, poi a Segrate, poi ancora al Rubattino, poi al cavalcavia Bacula e ancora a Segrate, in questa forzata odissea della disperazione che le fa peregrinare senza sosta di quartiere in quartiere, tornando sempre al punto di partenza. Persone che ormai conosciamo bene, di cui siamo amici, che stimiamo anche per la grande dignità con cui affrontano la tragedia della persecuzione. Di nuovo. Assieme all’immancabile Comunità di sant’Egidio e ai volontari del quartiere e delle scuole vicine: da due anni, con una tenacia e un’umanità ammirevoli, stanno raccontando una Milano diversa e possibile, alla quale però rifiuta di credere chi amministra la nostra città. Stamattina, arrivando al campo di Segrate, ho subito incrociato Cristina con la mamma e la sorellina. Dall’inizio di quest’anno è stata sgomberata già dodici volte. «Maestra – mi ha detto con aria serissima – questa non è vita». Hai ragione, Cristina, i tuoi dieci anni meritano di meglio.
Silvia Borsani, Milano
Di nuovo eccoci a ragionare di nomadi, per storia e per condizione. E di perseguitati, per pregiudizio e per propaganda. So già che qualcuno alzerà il dito e obietterà: ma i furti, ma la sporcizia, ma il disordine…È vero, ci sono e sono un problema. Però non sono realtà esclusiva dei rom. E soprattutto non spiegano, non esauriscono e in nessun modo giustificano i fatti dolorosi e letteralmente spiazzanti che lei, cara signora Borsani, racconta con esemplare asciuttezza e umanissimo senso di giustizia. Fatti che continuano ad accadere sotto il cielo di Milano, nella testa di troppi di noi e nelle scelte di chi ha il potere di governare il territorio. Fatti contraddetti da chi lavora davvero per dare stabilità e legalità alla vita senza pace di famiglie e comunità. Fatti sui quali la parola e l’impegno della Chiesa ambrosiana – generosa e capace di suscitare generosità, come su ogni altro fronte di difficoltà e indigenza – gettano luce, e luce rivelatrice. Dell’emergenza sgomberi (non mi piace chiamarlo “caso rom”) stiamo dando conto su Avvenire, ogni volta che è necessario, con rigore e completezza. Continueremo a farlo. A lei, gentile amica, un ringraziamento e l’augurio di continuare a seminare, con fatica e passione di maestra, semi buoni nella «buona terra» milanese.