Caro direttore,
le scrivo in merito allo spettacolo di Roberto Benigni andato in onda lunedì sera su Rai1. Lungi da me voler censurare qualcuno, ma trovo che lo spettacolo sia stato largamente frutto di ideologie miste a ignoranza. E la cosa che trovo ancora più incredibile e che nessuno sulla stampa nazionale lo abbia sottolineato: tanti osanna per Benigni, al quale è stata al massimo attribuita qualche piccola sbavatura. Sembra che esista una sorta di timore verso alcuni "intoccabili". Non è possibile che un servizio pubblico permetta a una persona di dire simili cose senza contraddittorio. Solo alcuni esempi delle sue "omelie" offensive. 1 - Ha sostenuto che Gesù diceva di non fare agli altri quello che non vorreste fosse fatto a voi (sic!) e invece la Costituzione (il suo nuovo Vangelo) sarebbe andata oltre invitando a fare agli altri quello che vorreste sia fatto a voi. E così il buon Benigni ha confuso il Vecchio Testamento con il Nuovo Testamento e il Nuovo Testamento con la Costituzione: «Non fare a nessuno ciò che non piace a te» (Tobia 4,15a). «Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti» (Matteo 7,12). 2 - Ha detto che in Italia nessuno è pagato dallo Stato per uccidere. E l’aborto? E l’eutanasia di Eluana Englaro? 3 - Ha detto che «anche il migliore dei fascisti uccideva per una dittatura e invece il peggiore dei partigiani uccideva per la libertà»? La libertà di chi? La libertà di instaurare una dittatura di sinistra? Nelle foibe hanno forse ucciso bambini, donne, preti, padri di famiglia per la libertà? 4 - Meglio non parlare della "spiegazione" del dare a «Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio» e della presunta "ingerenza" della Chiesa nel condizionare il voto. 5 - E che dire del parallelo tra il nazismo che ha internato nei lager e ucciso gli omosessuali e l’opposizione all’idea che sia un "dovere" riconoscere agli omosessuali la possibilità di sposarsi e di adottare figli? ecc. Insomma, per me veramente un triste episodio di disservizio pubblico.
Marco De Rossi
Caro direttore,
ho visto durante il telegiornale alcuni spezzoni dello spettacolo di Benigni sulla nostra Costituzione. Mi ha colpito in particolare una infelice battuta che Benigni ha inserito a sproposito nella sua fantasmagorica esposizione. A un certo punto ha osato contrapporre i "no" dei Dieci Comandamenti ai "sì" della Costituzione, costrittivi i primi ed entusiasticamente liberatori i secondi... Sperando di non fare da guastafeste nel generale entusiasmo per questo suo encomio solenne della nostra fondamentale e benemerita Carta costituzionale, credo gli si debba ricordare che quei "no" sono tutte aperture sull’infinito, sulla vera libertà dei Figli di Dio, sono i veri "sì" alla vera vita.
Mario Tonini Bossi, Torino
Gentile direttore, premesso che non sono un berlusconiano, devo dire che ho trovato disgustoso l’avvio dello show di Benigni di lunedì sera. Nelle invettive contro Berlusconi, di cui ha infiorettato tutta la prima parte dello spettacolo, ha dimostrato la sua reale caratura. La cosa più banale che potesse fare era attaccare Berlusconi e l’ha fatto per un quarto d’ora. Anche con dichiarazioni da querela, naturalmente se le avesse rivolte a un magistrato...
Sergio Mantovani, Cremona
Capisco queste civili critiche, gentili amici lettori. E trovo che abbiano senso e fondamento. Tutte. Eppure alla fine dello sterminato e saltellante, nudo eppure «fantasmagorico» (ha ragione, caro signor Mario) monologo di Roberto Benigni sulla nostra Costituzione, mi sono ritrovato egualmente con la "bocca buona". Come mi capita dopo aver assaporato un piatto magistralmente agrodolce. Come dopo la proiezione di un film di quelli che non ho soltanto "visto", ma che ho davvero guardato e un po’ vissuto, fino a ritrovarmelo nella testa e nel cuore (amandolo e litigandoci). Come dopo aver letto o ascoltato una poesia che mi fa precipitare in parole (ed esperienze) d’altri e d’improvviso mie con urto inevitabile, fulminante e appassionante. Come dopo una discussione aperta e forte con interlocutori che – ricambiato – stimo e ascolto. Ci sono, voglio dire, appena un paio di vostri appunti che non sottoscriverei, dunque siamo d’accordo. Eppure la bocca resta buona. E questa è l’arte di Benigni, che come i maestri d’un tempo nell’affresco e nella messa in scena mette sempre anche se stesso (i suoi lineamenti e sentimenti, certe sue fisime, immancabili tic e idoli polemici e un "vernacolo" anche interiore che – con gli anni – s’è fatto non meno schietto, ma assai più luminoso ed esplicitamente o implicitamente cristiano). Smorfia, ghigno e strafalcione, non solo parola limpida, sorriso e occhio lucido? Certo. Ed è sincerità, almeno. Preziosa sempre, anche quando mostra a chi sa vedere – vero caro signor De Rossi? – tutti i suoi errori. E a chi non sa vedere? Già, questo è il problema. Ma chissà perché sono convinto che Benigni stesso se ne renda conto, da uomo che sa fare il suo mestiere e da persona onesta. E a proposito di gente che fa o non fa il proprio mestiere, aggiungo che ha avuto ragione Mirella Poggialini, ieri, alzando con intelligenza il suo "Indice" nella nostra pagina degli spettacoli, a farsi e farci una politicissima «domanda delle domande»: possibile che, magari con errori e più di una malizia, oggi ci siano rimasti quasi solo attori e comici a far ragionare in tv sulla bellezza e sulla forza di ciò che fonda il nostro stare insieme da italiani? Soprattutto di questo, per l’oggi e per il domani, vorrei sentir parlare anche in tv nella prossima campagna elettorale: e stavolta senza errori e omissioni. Troppo? Beh, visti tempi e tentazioni, bisogna proprio sperare forte. E puntare all’«impossibile».