Giornata Onu dei genitori: non si smette mai di esserlo
martedì 2 giugno 2020

Caro direttore,
oggi 1° giugno ricorre, per volere dell’Assemblea generale dell’Onu che l’ha istituita nel 2012, la Giornata mondiale dedicata ai genitori. Non si stupisca se mi viene da pensare ai genitori in attesa di rivedere i propri figli e in particolare ai padri che stanno scontando la loro pena dentro le mura di un carcere. Penso a quei padri che convivono con il proprio quotidiano senso di colpa per il danno arrecato che ha ogni giorno logorato un po’ di più la fiducia il loro stessi. Questi padri convivono anche con l’angoscia di essere lontani dai propri figli, specialmente se ancora piccoli. Il timore di aver perso il ruolo genitoriale, di non esserne più adeguati, può essere consolato da una parola o da un gesto di affetto durante una videochiamata Skype o da una loro fotografia appesa, ma resta l’intrepida attesa di poter ritornare a colmare quel legame spezzato. Poter recuperare il tempo che si è frapposto tra la vita di un padre e quella di un figlio, di una figlia è sintomo di una volontà più ampia. Significa voler riprendere in mano la propria vita e ripartire. Il carcere è un luogo in cui il detenuto, durante l’espiazione della sua pena, è posto dinanzi alle sue fragilità, con le quali ogni giorno ne fa i conti. È pertanto necessario, soprattutto in questo periodo di emergenza per il coronavirus, essere più sensibili nei confronti di coloro che vivono la reclusione e dei loro familiari. È compito dell’intera società civile superare quelle barriere del 'giustizialismo' che si frappongono tra chi fa politica e chi esercita il ruolo di volontario, di giudice o di assistente sociale. Sempre in attesa di tempi migliori,

Maria Sole Lupi laureanda in Relazioni Internazionali Università Roma Tre

Tra i tanti pensieri possibili nella Giornata dedicata ai genitori, gentile lettrice, lei ne ha scelto uno particolarmente impegnativo e singolarmente commovente. «Penso – scrive – a quei padri che convivono con il proprio quotidiano senso di colpa per il danno arrecato (...) e anche con l’angoscia di essere lontani dai propri figli, specialmente se ancora piccoli». Non si tratta di personaggi da romanzo, ma di persone reali. E si potrebbe rovesciare la situazione: penso, da padre, costretto dalla cronaca ai padri e alle madri che vedono i propri figli compiere colpe ed errori gravi e pagare per queste. Credo sia un modo duro e vero per ricordarci che non si smette mai di essere genitori, qualunque cosa accada nella vita nostra e dei nostri figli.

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