«Oggi, conviene tornare a parlare di politica e geopolitica, molto più che di aritmetica. Più che come un dramma, dovremmo considerare la situazione greca come un’opportunità per ristrutturare l’Europa e riequilibrare le sue politiche, senza conservare quei dispositivi centrali insostenibili nel lungo periodo». A pensarlo è il noto economista francese Jean-Paul Fitoussi, docente alla Luiss e per oltre 20 anni presidente a Parigi dell’Ofce, Osservatorio francese delle congiunture economiche.
I pareri divergono sul significato del 'no' greco. Che ne pensa? Non mi pare un no all’Europa, ma alle politiche d’austerity. In questo senso i greci sembrano aver ragione, dal momento che da tempo si constatano dappertutto i fallimenti di queste politiche. In Italia essere contro il Jobs act non significa essere contro l’Italia. In Grecia il fallimento è stato eclatante. Malgrado le sofferenze imposte alla popolazione, non è ripresa la crescita, né l’occupazione, senza ridurre il debito pubblico.
In vista di nuove discussioni, Atene è indebolita o rafforzata? Tutto dipenderà dal comportamento delle altre parti. E mi chiedo se avranno l’intelligenza di comprendere l’avvertimento. Se non la Grecia, esce rafforzato il governo greco. L’Europa è ormai di fronte all’atto più alto che possa esprimere una democrazia. E il popolo ha rifiutato le politiche imposte dall’Europa e dalla troika.
C’è chi teme una definitiva incomprensione fra Atene e le istituzioni centrali europee… È un esito possibile. Ma dobbiamo invece sperare che il cuore dell’Europa abbia capito che imporre condizioni troppo dure ed esigenti alla Grecia produrrebbe grandi pericoli per tutto il continente.
Nelle condizioni attuali l’Europa può permettersi pause di riflessione? Occorrerebbe agire in fretta. Ma è una raccomandazione ormai valida in Europa da un decennio. Personalmente, spero che l’Europa comprenda il principale messaggio di fondo, ovvero che non esiste una sola politica e che è sempre possibile riorientare le politiche già prese.
In queste ore, la Francia pare ben più attendista della Germania. Quale ruolo può svolgere? Favorire al meglio un negoziato, restando al fianco della Germania. Bisogna invitare Tsipras a un nuovo tavolo nel volgere di poche ore, in vista di azioni per ristrutturare il debito greco.
È ormai insostenibile? Non lo si può mai stabilire a priori, dato che in realtà dipende dalle prospettive di crescita di un Paese. Ma se si spezzano queste prospettive è evidente che il debito diventa rapidamente insostenibile, anche quando è relativamente limitato. Al contempo, un debito elevato può essere sopportato se ci sono prospettive.
Le posizioni di Berlino, Parigi e Roma le sembrano oggi conciliabili? Certamente. Evidentemente, in ogni Paese, alzano in queste ore la voce pure i guardiani di una stretta dottrina del rigore. Ma ascoltarli non mi pare saggio. Francia, Italia e Germania sono ormai ben rodate nell’arte del negoziato.
C’è chi teme che la Germania possa propendere per un’intransigenza anche sostanziale. Può davvero permetterselo? Non credo. Occorre distinguere le dichiarazioni, che possono divenire dure, dagli atti. Di fatto, i tedeschi comprendono molto bene cosa rischierebbero se dovessero ritrovarsi in minoranza o in un’Eurozona sbriciolata.
Secondo alcuni, un accordo a 18 resta comunque impossibile… È probabile che possa richiedere ancora del tempo. Ma attenzione, il problema non potrà perdurare per tutta l’estate senza nuove catastrofi sui mercati finanziari, come una nuova ondata di speculazione sfrenata e l’apparizione di bolle speculative, del resto anche al di là dell’Europa.
Teme dunque pure contraccolpi nelle relazioni fra l’Europa e gli altri grandi attori internazionali? Ci sono già pressioni esplicite sull’Europa, a cominciare da quella di Barack Obama in nome del mantenimento della Grecia nell’Eurozona. Vladimir Putin, invece, desidererebbe una Grecia fuori. Emerge uno sfondo geopolitico, dato che il no greco ha spostato più che mai il problema sul terreno politico e geopolitico.
Come valuta l’ipotesi di un’uscita della Grecia? Sarebbe una catastrofe per l’idea d’Europa, ma rischia di trasformarsi pure in una catastrofe per la stessa Eurozona. Non credo che l’Eurozona sopravviverebbe a lungo dopo un’uscita della Grecia.