Caro direttore, ho già mandato questo messaggio al Dipartimento per le Politiche della famiglia, ma non ho ricevuto nessuna risposta, poi ho cercato di mandarlo al presidente del Consiglio, ma non riesco a trovare un indirizzo di posta elettronica valido. Vorrei trovare qualcuno che mi dia ascolto, a me come portavoce di tutte le famiglie come la mia e ho pensato ad Avvenire, sapendo che non sarei stata cestinata. Sono una mamma di cinque figlie, abito a Bologna. Vorrei esprimere la mia indignazione e la mia rabbia davanti all’iniquità della tassazione che grava sulle famiglie ed in particolare sulle famiglie numerose. Alle elezioni ho votato convintamente il Popolo della libertà; speravo che davvero le cose per noi famiglie cambiassero, ma invece siamo spettatori ancora una volta di una politica assistenzialista e non di promozione della famiglia, tanto meno della famiglia numerosa. Ci meravigliamo che non si fanno più figli, ma la mentalità di morte ormai permea tutti, è dell’uomo di strada che poi diventa uomo di governo. Sappiamo di attraversare un tempo di crisi, ma senza togliere nulla allo Stato, si potrebbero distribuire diversamente i carichi fiscali, creando finalmente giustizia e dando «a ciascuno il suo» e non a tutti nella stessa misura, secondo la purtroppo imperante logica ideologica. Inoltre, ora che tanto è di moda parlare di Costituzione, ricordo che l’art. 31 della stessa recita testualmente: «La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose». Noi con cinque figli non riusciamo nemmeno ad avere l’agevolazione della mensa scolastica poiché l’Isee supera di poco il tetto fissato. Poi scopro che nel calcolo di questo indicatore le mie figlie non valgono 1, bensì nell’ordine 0,47 la prima, 0,42 la seconda, 0,39 la terza e 0,35 dalla quarta in poi! Ma è possibile? Per non parlare poi degli assegni familiari, del calcolo della tassa sui rifiuti, dell’elettricità, e così via. Quest’anno proprio in conseguenza dell’Isee non riusciamo nemmeno a richiedere il bonus per il gas e per l’elettricità! E non venite a dirmi che il nostro reddito è troppo alto: siamo in 7 e lavora solo mio marito! Anziché premiarci, siamo ancora una volta puniti per il fatto di fare quei figli che poi pagheranno le nostre e soprattutto le vostre pensioni! Io che faccio la mamma a tempo pieno – curo e cresco quei figli che saranno il tessuto sociale della nostra società neanche troppo futura – non usufruisco di asili nido, non vengo riconosciuta lavoratrice, bensì sono una 'mantenuta' e ovviamente a me non spetta alcuna pensione, come fossi una parassita. Qualsiasi beneficio seppur minimo, oggi viene riconosciuto a quelle mamme che lavorano, ma di noi casalinghe nessuno si occupa anche se abbiamo 4, 5, 6 figli da allevare e l’azienda famiglia è praticamente tutta sulle nostre spalle, perché almeno uno nella coppia, nel frattempo, deve pur guadagnare! Che sconforto! Non le sembra scandalosamente incostituzionale oltre che immorale, tutto questo? Perché non promuovete la famiglia? Perché non penalizzate fiscalmente i single, le coppie senza figli? Francesca Tassinari Il quadro che lei, gentile signora Tassinari, delinea con l’eloquente incisività della vita vissuta, l’abbiamo 'dipinto' – cento e cento volte – anche noi di Avvenire. La sua sacrosanta attesa – ma lei, certo, lo sa – è da almeno quindici anni anche una battaglia di questo giornale. La soluzione si chiama 'quoziente familiare', o 'fattorefamiglia' o può trovarsi in un sistema adeguato di deduzioni (liberamente attribuibili tra i coniugi) e può coniugarsi con una revisione radicale del sistema dell’assegno familiare e dell’Isee. Ma le risposte politiche e di governo, nonostante il pressing sereno e costante del Forum delle famiglie e dei settori più attenti del sindacato (non a caso cislini), sono state altalenanti. Anzi, a esser franchi, rimaste sinora sospese tra l’altezzosa e ideologica noncuranza dei governi di centrosinistra e la deludente inconcludenza di quelli di centrodestra. Giudizio troppo duro? La realtà è sotto gli occhi di tutti e lei, signora Francesca, assieme a suo marito e alle vostre cinque figlie ne siete testimoni non smentibili. Manca infatti, a tutt’oggi, un sistema di norme fiscali organiche e rispettose della realtà familiare e troppo resta demandato alle politiche sociali: cioè assistenza e previdenza (ovviamente preziose), ma non riconoscimento di diritti e, soprattutto, permanente confusione tra azione anti-povertà e azione pro-famiglia. Un disastro. Che non spiega integralmente il dramma del «suicidio demografico» italiano, epperò lo accompagna come fedele scudiero del non-futuro che preannuncia. Ma... c’è un 'ma'. E una volta tanto è di speranza. Perché siamo – pare – all’antivigilia di un passaggio cruciale, visto e considerato che si sta lavorando a una riforma fiscale che potrebbe rappresentare (secondo gli impegni pre-elettorali dell’attuale maggioranza) una svolta nel segno di un fisco più equo e finalmente amico della famiglia. Vedremo. Per intanto da vedere (e da registrare) ci sono storie come quella che ci ha raccontato qui sopra, cara signora Tassinari. E io la penso esattamente come lei: non se ne può più. Il direttore risponde di Marco Tarquinio