In Italia le famiglie sono abituate a non credere alle promesse. Quando si parla di nuovi sostegni ai genitori, anche tra le associazioni familiari la consapevolezza si traduce spesso in una battuta amara, frutto di stagioni di attese tradite: «L’anno della famiglia? È sempre il prossimo», si dice. Oggi tuttavia le probabilità che questo sia veramente un anno importante per le famiglie sono aumentate. Il Consiglio dei ministri ha dato il via libera al disegno di legge delega sul Family Act, provvedimento che contempla l’introduzione anche in Italia di un assegno unico e universale per ogni figlio, oltre a congedi parentali ampliati e misure per favorire la conciliazione tra lavoro in casa e fuori.
Perché questo si traduca in realtà, e perché la riforma possa avere un reale impatto sulle famiglie esistenti e future sono però necessarie alcune condizioni.
In termini di impatto demografico e sulle scelte di vita, infatti, siamo già fuori tempo massimo: una misura come questa andava realizzata 10–20 anni fa, oggi stiamo rincorrendo, e ci sono bisogni che si stanno già evolvendo. Per questo è necessaria un’adesione culturale e ideale ampia, di tutta la società.
Attorno al Family Act, proposto dalla ministra per la Famiglia Bonetti, non basta auspicare una vera convergenza di Italia Viva e Pd (che porta in dote la proposta dell’assegno Delrio-Lepri) e di M5s: è necessaria l’apertura a un’ampia maggioranza parlamentare per condurre alla nascita di un progetto patrimonio di tutto il Paese. L’obiettivo non è solo arrivare a una riforma operativa entro fine anno, ma essere consapevoli che senza risorse dedicate e consistenti anche il nuovo assegno continuerà a restare poco più di una promessa. Ciò che serve è una rivoluzione culturale attorno alla famiglia e ai figli che sia compresa e assimilata da tutti, anche dal mondo delle imprese, della finanza, del credito.
Un’indagine realizzata proprio per il Ministero della Famiglia da Istituto Toniolo e Ipsos fa capire bene l’urgenza di una svolta: con l’emergenza Covid la quota di giovani italiani che ha accantonato definitivamente il progetto di sposarsi o di avere un figlio è risultata doppia rispetto a quanto registrato in Francia, Germania, Gran Bretagna e Spagna, con percentuali del 40 e del 36%.
L’insicurezza è il tratto dominante quando si cerca di guardare al futuro in un Paese, il nostro, diventato fragile nella capacità di offrire prospettive di stabilità alle nuove generazioni. Un contagio che spezza il respiro del domani, che va fermato e sanato con buone riforme e con la capacità di comprendere che gli interventi che hanno la famiglia e i figli al centro sono diventati una priorità. E un provvedimento come il Family Act può essere solo il primo atto di un’opera più grande.
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