martedì 17 agosto 2010
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«Non credo che esista un tifoso di Valentino che può dire di aver passato un’ora intera con il suo beniamino. Alla Ducati con Stoner è possibile, perché noi siamo veramente una famiglia...». Questo ci dissero tre anni fa quando varcammo i cancelli del "tempio" laico della "Rossa" su due ruote, la fabbrica-famiglia di Borgo Panigale. Tre anni dopo, forse, dal prossimo novembre, per il popolo fiero ed esigente dei ducatisti sarà possibile incontrare il loro futuro portabandiera, la leggenda vivente della MotoGp, Valentino Rossi. Anche se per il "ducatista", centauro vero, prima di tutto viene la moto e poi il pilota. La prima impresa che dunque dovrà compiere Rossi in sella a una Ducati, sarà quella di infiammare il popolo della Rossa, con vittorie ancora più epiche di quelle che ha ottenuto in questi ultimi 14 anni di carriera fenomenale. La curva si chiude: il "Dottore" aveva cominciato adolescente in 125 con una moto italiana, l’Aprilia, e adesso può congedarsi da eterno Peter Pan dal paddock con la tuta dell’azienda che dista un paio di sgasate, ma delle sue, dalla natia Tavullia. Una scelta naturale, un matrimonio che era scritto nelle stelle del cielo e nella cometa che da Bologna guidava fino al Montefeltro. Ma anche la scelta obbligata di questo eroe da fumetto che a 31 anni ha sperimentato tutte le avventure possibili su pista e che dopo aver riscritto la storia delle sorellastre giapponesi, Honda e Yamaha, non poteva che azzardare un finale di partita degno del campionissimo. Perché un Mondiale vinto con la Ducati "Vale" dieci volte quello dei colossi nipponici. Stoner c’è riuscito (nel 2007), ma è un australiano e quella vittoria poi gli ha cambiato la vita, ma in peggio (stress e problemi fisici). Un titolo iridato dell’etereo Valentino (il 10°) con la Ducati, perdonateci l’attimo di sano nazionalismo, sarebbe come rivincere dieci volte il Mondiale ai rigori contro la Francia, magari con un rigore virtuale trasformato dieci volte di fila da Roberto Baggio.È inutile negarlo, Rossi è qualcosa di più di un campione, è uno spot vivente che porta l’Italia nel mondo. E questa è anche la filosofia e il fascino discreto dell’azienda Ducati, tornata nel 2005 in mano a una famiglia italica, i Bonomi. Questo nuovo marchio affascinante, il binomio Rossa&Rossi, renderà ancora più appetibile quei gioielli di meccanica ed elettronica che con mestiere certosino producono le mille tute rosse, gli operai della fabbrica di Borgo Panigale. La maggior parte di queste maestranze ha lo stesso spirito di Valentino: sono giovani (età media 23 anni, il 30% donne) positivi, orgogliosi di contribuire ogni giorno alla creazione di un capolavoro. Pezzi unici (servono oltre 1.000 elementi per un motore Desmo), a tiratura limitata: poco più di 40mila esemplari Ducati all’anno – tutti venduti – rispetto ai 4,5 milioni che sforna la Yamaha e le oltre 10 milioni di moto della Honda.«Gli americani – raccontano i tecnici di Borgo Panigaale – quando ci visitano si sentono come il Willy Wonka della "Fabbrica del cioccolato". Per i giapponesi invece i nostri reparti, secondo i loro parametri di produzione in serie, rappresentano l’elogio dell’imperfezione, ma rimangono stupiti che si possano realizzare pezzi unici come il mobile di un falegname». Ducati e Valentino è l’incontro tra due pezzi unici, irripetibili. Un pezzo da novanta che alla premiata ditta emiliana costerà anche parecchio (ingaggio da 25-30 milioni di euro), ma con un ritorno di immagine, e non solo, ancora più amplificato su scala planetaria. Trepidanti allora aspettiamo questa "loro" ultima grande fuga per la vittoria: quella della moto e del pilota che accarezzano il cuore di un Paese che ha tanto bisogno di tornare a correre più forte degli altri e di far sentire il suo popolo ancora in sella, orgoglioso di essere italiano.
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