È primavera; gli alberi, profumati, si sono già vestiti a festa. In campagna, fanno bella mostra di sé, tronchi, rami, fiori, foglie di ogni colore, forma, dimensioni. Se solo potessimo fermarci, perdere tempo, guardare e ascoltare che cosa accade attorno a noi e dentro di noi. Se solo potessimo credere che correndo senza meta, a perdifiato, come stiamo facendo, rischiamo solo di stancarci di più senza per forza raggiungere risultati migliori. La corsa alle armi a tanti fa paura; “è vero, ma è necessaria”, qualcun altro, afferma. Il dramma è che hanno ragione entrambi. Se il nemico, armato di fucile, ti arriva in casa mentre i tuoi figlioletti dormono, è ingenuo pretendere di affrontarlo con la scopa e il matterello. I potentissimi di questo mondo, gli straricchi, chi comanda, rischiano di rimanere contagiati da quella strana malattia che va sotto il nome di “delirio di onnipotenza”. Per certi aspetti, è fisiologico: nel momento in cui hai raggiunto il massimo gradino, che altro ti resta da fare? Uno dei tuoi nemici peggiori, la noia, è già acquattata dietro l’angolo, pronto ad aggredirti e dilaniarti. La tirannia della quantità e del potere per il potere, alla quale tanta gente sacrifica salute, tempo, affetti, amicizie, fede, ideali, prima o poi, ti mostra il suo volto arcigno. Non può dare quello che non ti ha mai promesso. Nessuno si illuda, i cibi succulenti e costosissimi che riempiono il ventre, il denaro che gonfia il portafoglio reale e virtuale, non potranno mai saziare il cuore, sempre bisognoso di amare e di essere amato. È primavera. Il creato, vanitoso, si rinnova. Nelle persone, prepotente, scoppia il desiderio di vivere. Desiderio che si ritrova a dover fare i conti con il contesto, la storia, l’attualità, le scelte politiche, le guerre. Che cosa possiamo fare perché la morte di migliaia di genitori, centinaia di bambini, possa almeno turbare il cuore di chi queste maledette guerre le vuole, le provoca, le decide, le fa combattere? Quali stratagemmi inventare perché la gioia vera, che viene dal rispetto delle persone, possa ammaliare anche coloro che hanno nelle mani le redini di questo povero e affascinate mondo? I credenti pregano, anche se la loro fede, sovente, oscilla, non demordono. Continuano a sperare anche quando sembra che sia del tutto inutile. Ragionano con la logica dei bambini, quella che Gesù predilige. Chi ha avuto l’onore di governare un Paese, pur di mettere al riparo i suoi connazionali, dovrebbe rinunciare persino a riposare. Si vive una volta sola, la rivincita non sarà concessa a nessuno. Possibile, mi chiedo, che secoli di studi, riflessioni, sconfitte, successi, progressi, non siano riusciti a renderci migliori? Come mai ci ritroviamo ogni volta, non dico al punto di partenza, ma a dover ricorrere alla forza bruta delle armi, perché incapaci di comprendere e ragionare? Certo, se tutti si armano, ti costringono a fare la stessa cosa. Ma c’è un’altra strada, tante volte auspicata e, purtroppo, mai realizzata. Rinunciamo a gettare alle ortiche miliardi di euro per produrre armi che a nessuno piace adoperare e riportiamo sul tappeto la vecchia, saggia, santa utopia di una sistematica riduzione degli arsenali. Tanto lo sappiamo, non saranno i depositi strapieni di esplosivi a regalarci la pace. Al massimo potranno giungere a ottenere una sorta di momentaneo cessate il fuoco. La pace è un’altra cosa. Puntiamo su questo, da ogni Paese, scendiamo in piazza, tutti, senza distinzioni, per richiamare ai loro veri doveri coloro che con una sola firma potrebbero ridarci la serenità. Chiamiamo a raccolta, da ogni angolo del globo, i veri sapienti - a cominciare da papa Francesco - lasciamoli parlare, mettiamoci in ascolto, sosteniamoli, incoraggiamoli, la loro parola è luce. Sarebbe devastante, davanti a Dio e a quel che resterebbe dell’umanità, assistere impotenti, alla distruzione di questo minuscolo “acino di pepe” che, da millenni, con tanta umiltà, ci sostiene e ci dà da vivere. Anche sulla soddisfazione momentanea che accompagna il vincitore di turno, bisogna avere il coraggio della verità. Essa ha sapore dolciastro del miele, è vero, ma con un retrogusto amaro più del fiele. Chiunque sa che anche gli sconfitti, i poveri, quelli che preferiscono il pane alle armi, i vecchi, gli ammalti, i bambini delle favelas e del deserto, hanno il diritto di vivere. È primavera. Facciamo questo regalo all’intera umanità. Ritroviamo la pace. Impariamo a vivere.

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