Nell’anno del Giubileo, papa Francesco è tornato su una richiesta che era già stata oggetto di una campagna internazionale in occasione del precedente Giubileo dell’anno 2000. Il tema si chiama debito del Sud del mondo o, meglio, il debito che i governi dei Paesi più poveri hanno verso entità estere: non solo Banca Mondiale e governi di altri Paesi, ma anche soggetti privati come banche, fondi di investimento e fondi speculativi. Il debito estero è una porzione del debito pubblico di particolare importanza perché deve essere ripagato in dollari, in soldi, cioè, che si possono avere solo esportando i propri prodotti o attirando molti turisti, due attività non facilmente espandibili nel breve periodo. Nell’anno 2000 il debito estero dei 137 paesi a reddito medio e basso ammontava a 2mila miliardi di dollari, ma nel 2023 lo troviamo più che quadruplicato a 8.800 miliardi. In tema di debito, tuttavia, oltre ai termini monetari contano i rapporti col Pil, perché il debito è paragonabile a un peso che si deve portare: un quintale è niente per un elefante, ma un’enormità per noi umani. Secondo i dati forniti dall’Unctad, Agenzia delle Nazioni Unite, se nel 2010 il debito estero rappresentava mediamente il 19% del prodotto lordo dei Paesi del Sud del mondo, nel 2022 era salito al 28%. E messo a confronto con gli introiti derivanti dalle esportazioni, nel 2010 rappresentava il 71%, nel 2022 il 92% dell’importo incassato.
Uno degli elementi che ha contribuito di più a fare crescere il debito estero dei Paesi del Sud è stato il Covid che, oltre ad avere provocato in tutto il pianeta una battuta d’arresto delle attività produttive, ha costretto tutti i governi del mondo ad accrescere le proprie spese sanitarie. Le due emergenze messe assieme hanno fatto crescere ovunque il debito pubblico che a livello mondiale è passato da 75mila miliardi di dollari, nel 2019, a 97mila nel 2023. I Paesi con minori capacità finanziarie finiscono per pagare di più. È la legge di mercato. L’argomentazione è che il prestito addossa un rischio al creditore che va compensato. Poiché il povero ha più probabilità del ricco di non riuscire a pagare il proprio debito, gli vanno applicati interessi più alti. Il risultato è che nel 2023 nel Sud del mondo la spesa complessiva per interessi sul debito pubblico, ha raggiunto gli 847 miliardi di dollari, il 26% in più rispetto al 2021. La conclusione è che 3,3 miliardi di persone vivono in Paesi che spendono più per interessi sul debito pubblico che per sanità o istruzione. E non è tutto, perché agli interessi vanno aggiunte le quote di capitale da restituire annualmente, un insieme di denaro che messo tutto assieme è definito servizio del debito. Nel caso del Sud del mondo una parte importante del servizio del debito è verso l’estero che nel 2022 è stato di circa 1.400 miliardi di dollari, di cui 406 per interessi.
Il tutto mentre povertà e cambiamenti climatici pongono sfide finanziarie altissime. Secondo lo studio condotto da un gruppo di esperti per conto del G20 nel 2023, da qui al 2030 il Sud del mondo (Cina esclusa) ha bisogno ogni anno di investimenti pari a 5.400 miliardi di dollari, di cui 3mila per affrontare la crisi climatica e 2.400 per combattere la miseria. Ciò nonostante nel 2023 i governi del Sud hanno speso per il servizio del debito 12 volte e mezzo in più di quanto non abbiano speso per difendersi dai cambiamenti climatici.
A causa dei loro crediti, i Paesi ricchi contribuiscono pesantemente a questo tipo di dirottamento, ed è per questo che la parte più sensibile della società civile insiste affinché vengano annullati almeno i crediti vantati verso i Paesi più poveri. In tutto una settantina di nazioni, che secondo i dati forniti dalla Banca Mondiale detengono collettivamente un debito verso l’estero di 1.100 miliardi di dollari, che nel 2023 ha comportato l’esborso di 96,2 miliardi, di cui 34,6 per interessi. Un esborso che compromette qualsiasi possibilità di sviluppo. considerato che corrisponde al 16% degli introiti delle loro esportazioni.
La richiesta di annullamento del debito è sostenuta dal fatto che, se guardiamo bene, non è il Sud bensì il Nord a essere debitore. Un debito formato nel tempo da secoli di oppressione e mal-sviluppo, che ha provocato danni sociali e ambientali altissimi al Sud del mondo, fra cui la fragilità economica che oggi lo costringe ad indebitarsi. Un concetto che Papa Francesco ha espresso chiaramente nel suo discorso tenuto il 1° gennaio 2025 in occasione della 58° giornata dedicata alla pace: «Debito estero e debito ecologico sono due facce della stessa medaglia, figli della stessa logica di sfruttamento che ha portato alla crisi del debito. Nello spirito di questo Anno Giubilare, sollecito la comunità internazionale a lavorare per l’annullamento del debito estero come riconoscimento del debito ecologico esistente fra Nord e Sud del mondo. Un appello di solidarietà che è prima di tutto un’esigenza di giustizia».

© Riproduzione riservata
ARGOMENTI: