Che la città di New York faccia causa ai giganti digitali che governano i social è indubbiamente un evento che fa titolo. Tanto più che il sindaco della Grande Mela dice di avviare il procedimento per proteggere soprattutto la salute mentale dei ragazzi. Dopo avere letto una notizia così, viene immediato pensare: era ora. Non solo perché i social hanno delle colpe (a partire dal fatto che fanno leva anche e soprattutto sulla parte meno nobile e più debole degli esseri umani) ma anche perché (ammettiamolo) è comodo e consolante avere un nemico sul quale scaricare tutte le responsabilità per ciò che non va nei ragazzi. Sono depressi? È colpa dei social. Si comportano male con gli adulti? È colpa dei social. Non vanno bene a scuola? È colpa dei social. Sono bulli? È colpa dei social. E così via all’infinito. Meglio ribadirlo per evitare equivoci: i social hanno colpe e responsabilità importanti in molte delle derive che ci circondano e devono essere chiamati a fare di più per proteggere bambini e ragazzi (e anche gli adulti). Non a caso quella della città di New York è solo l’ultima di una serie di cause intentate ai vari Meta e TikTok da parte di genitori, associazioni e distretti scolastici.
Il sindaco Eric Adams punta a un risarcimento monetario che copra una parte dei 100 milioni di dollari che la città spende ogni anno per la salute dei suoi giovani residenti. Saranno i giudici e le giurie a decidere chi ha ragione e quanto i social dovranno eventualmente pagare per i danni creati, ma la questione è più grande. Perché se gli adulti continuano a considerare i social gli unici colpevoli della salute dei giovani (e degli adulti), non facciamo un favore né ai ragazzi né alla società. Torniamo al sindaco: ha dichiarato che i social sono «un pericolo per la salute pubblica come le armi e il fumo». Secondo un’inchiesta del “New York Times”, «un abitante di New York ha esattamente le stesse possibilità di essere rapinato di quante ne abbia un abitante di Londra. Quello di New York però ha 54 volte più probabilità di essere ucciso durante la rapina di quello di Londra ». Ecco il punto: se i social sono come armi e fumo, non dobbiamo fare lo stesso errore di sperare di risolvere il problema facendo causa a giganti potenti come le lobby del fumo, delle armi e del digitale. Serve un salto di qualità. Nel nostro modo di studiare i problemi, di parlarne senza facili emotività e di impegnarci tutti per assumerci ognuno la nostra parte di responsabilità. Perché, se i social fanno danni (come fumo e armi), è anche a causa di troppi adulti compiacenti. E se li fanno ai ragazzi è anche colpa di genitori che non vigilano abbastanza. Che regalano smartphone ai bambini, permettendo loro di accedere liberamente a Internet, dimenticando che la Rete come qualunque città del mondo ha zone malfamate nelle quali nessun genitore sano di mente lascerebbe vagare da soli i propri figli. Fateci caso: quasi nessuno parla più di quanto certa televisione faccia male ai nostri bambini. Ci è bastato aprire canali tv tutti per loro per credere di avere risolto il problema. E pazienza se i minori di 10 anni anche oggi guardano immagini di guerra e di morte al telegiornale o assistono a programmi e serie tv con scene, dialoghi e argomenti inadatti a loro. Tanto, se qualcosa non va, la colpa è dei social. Lo so che è impopolare dirlo, ma la colpa è di ognuno di noi. E finché non ce ne rendiamo conto e assumiamo ognuno la nostra parte di problema sulle spalle, non sarà un tribunale a risolvere i problemi di salute mentale dei nostri ragazzi.