Ero giovanissimo e ricordo l’allora arcivescovo di Napoli, il cardinale Corrado Ursi, quando ci diceva appassionatamente che Gesù aveva speso gran parte della sua vita pubblica per strada, un’altra parte nelle case a banchettare – non sempre tra amici e stinchi di santo – e solo una piccola parte nelle sinagoghe. Da quel che sappiamo della sua vita pubblica, effettivamente è stato incapace di starsene troppo fermo.
Men che meno tra incenso e candelabri: il fuoco dello Spirito gli bruciava dentro. Era venuto perché tutti potessero incontrarsi con Lui e in Lui trovare la via della vera gioia, l’«autostrada per il Cielo», come Carlo Acutis chiamava l’Eucaristia. Anche quello che Gesù ha detto e comandato, soprattutto durante l’ultima cena, non ha avuto altro scopo che invitare a uscire per andare a cercare, guarire, toccare e lasciarsi mangiare – proprio come Lui – da chiunque, perché la Sua gioia potesse riempire il cuore di tutti. E così Ursi continuava parlandoci della “Chiesa della Tenda” in cui ci si incontra la domenica per celebrare l’Eucaristia e della “Chiesa della strada” dove portare, durante il resto della settimana, il corpo di Cristo assunto nel nostro.
Del resto, se crediamo davvero che Cristo è presente e vivo nell’Eucaristia, come è possibile lasciarlo nel tabernacolo? Neanche la gestazione nel tabernacolo santo del corpo e del cuore di Maria l’ha fatta da fermo: lo Spirito mise fretta pure a sua madre che, andando da Elisabetta, compì la prima vera processione del Corpus Domini (Benedetto XVI), paradigma di ogni altra. «Nostra Signora della premura» – come la chiama papa Francesco – porta Gesù, e con Lui la gioia che si fa amore e umile e servizio alla cugina.
La Chiesa in processione nel Corpus Domini, che celebriamo tra oggi e domenica, fa e deve fare quello che ha fatto Maria, nelle varie epoche così come lo Spirito le suggerisce, ora con la brezza leggera che anima il cuore di santi e mistici, ora scuotendola come un vento gagliardo se si assopisce e si addormenta nell’eresia dell’accidia, dell’indifferenza e della mediocrità ammantata di mondanità.
Se almeno una volta all’anno fossimo umili e fieri di portare e seguire Gesù Eucaristia per le strade dei nostri paesi e città, reali e virtuali... Se almeno una volta ci facessimo prendere dalla follia d’amore per Lui e come Lui per stargli al passo.
Attenzione, però: le processioni del Corpus Domini non sono riducibili al mero recupero di quanto nella pandemia avevamo perso. Non sono neanche la risposta impaurita alla scristianizzazione con qualche nota di folklore o con residui sempre in agguato di una religiosità di facciata. Non sono il tentativo maldestro di recuperare spazi e territori alla visibilità della Chiesa. È l’urgenza dello Spirito che spinge la Chiesa a uscire dal tempio e a portare Gesù Eucaristia ovunque sia possibile. È la gioia incontenibile di testimoniare con un segno concreto quanto Gesù ha sempre fatto e comandato: avvicinarsi a ciascuno, in qualunque posto si trovi o si sia perso o nascosto pieno di paura come Adamo. La Chiesa vuole uscire in fretta a portare Gesù per le strade perché sa che il mondo lo desidera fin troppo – e non troppo poco –, al di là di ogni apparenza, perché come Gesù vuole farsi carico delle tristezze e delle angosce, delle ansie e delle paure, delle speranze e delle bellezze di tutte le sue figlie e i suoi figli, ma anche del carico di peccati e nefandezze, per tutto trasformare e riportare in vita.
Come Gesù, la Chiesa vuole essere il segno di un Dio che continua a compromettersi con quel mondo che ama fino allo spasimo. Con “la stola e il grembiule” del Giovedì Santo, nella processione del Corpus Domini la Chiesa desidera senza vergogna, ma con mitezza e rispetto, proporre a tutti la vicinanza di Gesù Cristo risorto che dice: vieni, tocca, mangia, bevi, vivi la mia stessa vita, il mio corpo è tuo perché anche il tuo sia trasfigurato d’immortalità ed eternità; io sanguino come sanguini tu, e in un’unica coppa rinnovo per sempre la nostra amicizia. Una volta all’anno lo vogliamo dire così, camminando insieme a Gesù fuori dal tempio, in processione.
“Semel in anno... licet insanire”? Magari sì, una volta all’anno con una processione bella e festosa, ma molto di più sarebbe bello e lecito “impazzire” d’amore per Cristo, per contagiare tutto e tutti con il suo folle amore ogni giorno dell’anno, per tutta la vita.