martedì 14 agosto 2018
Lasciatemelo dire: la solennità dell’Assunta quest’anno per me ha il volto delle decine di migliaia di giovani che lo scorso fine settimana ho visto illuminare Roma con la loro presenza
Giovani a Roma per incontrare papa Francesco (Siciliani)

Giovani a Roma per incontrare papa Francesco (Siciliani)

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Lasciatemelo dire: la solennità dell’Assunta quest’anno per me ha il volto delle decine di migliaia di giovani – oltre 70mila! – che lo scorso fine settimana ho visto illuminare Roma con la loro presenza.

Solo qualche giorno prima un’indagine sociologica, ripresa e approfondita da un quotidiano nazionale, commentava il calo di popolarità di papa Francesco: pur restando «il più amato dagli italiani», il sondaggio fotografava un consenso che sarebbe sceso in cinque anni dall’88 al 70%. Più che le analisi in chiave politica - che riconducono essenzialmente la spiegazione di questa tendenza alle posizioni del Santo Padre in tema di accoglienza dei migranti e dell’apertura verso i poveri - sono rimasto colpito da un altro tipo di considerazioni. Se ieri, con poche distinzioni di genere, età e titolo di studio, i sondaggi attestavano che il Papa piaceva a (quasi) tutti - perfino ai non credenti e ai non praticanti - oggi il minor grado di consenso risulta espresso anzitutto da coloro che mostrano una pratica religiosa più ridotta. E fra questi un posto in prima fila lo occupano proprio i giovani. In altre parole, il vero punto dolente è la percezione fra quanti si sentono lontani dalla Chiesa, fra quanti avvertono la Chiesa come un’istituzione vecchia, che poco o nulla ha a che fare con i problemi e le domande della vita quotidiana.

Rispetto a questa lettura della situazione che interessa il nostro Paese, sarebbe banale contrapporre l’evento appena celebrato, con protagonisti proprio i giovani, provenienti da tutte le Diocesi. Inutile e fuorviante sarebbe contrapporre i ragazzi raccontati dal sondaggio con i loro coetanei che hanno riempito il Circo Massimo e Piazza San Pietro, dopo una notte bianca nelle vie e nelle chiese della capitale. Se non sono gli stessi, sono comunque fratelli tra loro e hanno in comune la stessa inquietudine, la fatica a dare gambe a un progetto di vita, il peso di una flessibilità che in realtà andrebbe chiamata per quello che davvero è, ossia precarietà.

Sono questi volti, questi cuori, queste storie che come Chiesa dobbiamo tornare a incrociare. Sono la sfida maggiore con la quale siamo chiamati a misurarci e che invoca da noi, più che risposte preconfezionate, disponibilità a camminare insieme, a starci, a sostenerci a vicenda. È la ragione per cui papa Francesco non si stanca di ripeterci che la voce dei giovani va ascoltata senza remore e timori fuori luogo. Vanno resi protagonisti del dibattito sinodale, per non ritrovarci a ottobre soltanto come vescovi che presumono di conoscere già tutto, preoccupati semplicemente di pubblicare un nuovo documento. Lo stesso tema dell’assise – I giovani, la fede e il discernimento vocazionale – esige che, più che frequentare stanze ovattate, i nostri piedi si affianchino a quelli dei nostri ragazzi, proprio come è stato nelle decine e decine di pellegrinaggi che nei giorni scorsi hanno avuto per meta santuari, storie di santi che non smettono di parlare anche al mondo di oggi, di luoghi in cui l’umano fiorisce e, spesso, patisce.

Una lezione da non archiviare troppo in fretta, quasi un compito a casa, che già guarda all’autunno, al nuovo anno, a nuove partenze. È la condizione per riprendere, anche con i giovani, a intonare il Magnificat. Con Maria trasalire alle sorprese di Dio, anche se a volte paiono strane e scomode. Con Maria imparare a scoprire da che parte sta veramente Dio, che «ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili, ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote...». Dio ha le sue preferenze che sono i poveri, quelli che non contano niente, gli offesi, i vinti della terra, i rifiutati. Maria oggi ce lo ricorda e ci invita a farci, come Lei, grembo che partorisce gesti e parole che colorano di vita nuova le nostre strade e le nostre vite, rese sempre più sterili dall’egoismo e dall’arroganza.

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