In Francia sta facendo discutere una proposta di legge che punta a elevare la prescrizione per la denuncia di abusi subiti dai minorenni, portandola fino a 30 anni dal compimento della maggiore età. In pratica una ragazza (o un ragazzo) vittima di una violenza avrebbe tempo fino ai 48 anni per denunciare. Il cambiamento comporterebbe una serie di problemi, a partire da quello del reperimento delle prove, ma si giustifica con una considerazione per nulla ideologica: spesso le donne vittime di un abuso acquisiscono piena consapevolezza di quello che hanno vissuto solo una volta diventate madri. Il tempo, insomma, è un fattore importante, ma più ancora lo è la "rivoluzione" che una persona, come una società, possono trovarsi ad affrontare.
Nella Giornata mondiale contro la violenza sulle donne questo esempio può servire a interpretare da una prospettiva un po’ diversa lo tsunami emblematico che si è generato con lo scoppio del "caso Weinstein", il produttore di Hollywood accusato di abusi sessuali da decine di attrici per fatti accaduti diversi anni fa. Come è noto la marea si è estesa in breve tempo ad altri personaggi dello spettacolo, ad altri ambiti professionali (dalla politica al giornalismo), finendo per sommergere o almeno toccare moltissimi Paesi, compresa l’Italia. E non sembra destinata a esaurirsi in fretta. Con tutta evidenza quello che sta avvenendo è un passaggio epocale, un momento nel quale le donne, soprattutto in Occidente, stanno scorgendo la possibilità di liberarsi dalle violenze e dai soprusi che sono state costrette a subire per lungo tempo negli ambiti in cui si esercita il potere, soprattutto dove questo è gestito dagli uomini, cioè quasi ovunque.
La "transizione" sta lasciando sul campo morti e feriti e in tanti casi si riescono a vedere tutti i rischi e i limiti di un’operazione che può alimentare speculazioni, ritorsioni, ansie di protagonismo, che emette spesso sentenze senza processi, senza appelli, né prove, che fa cadere teste e carriere e tremare le gambe a chiunque abbia vissuto nel passato interpretando il potere secondo gli schemi peggiori di un’epoca, senza che vi fosse una percezione di colpevolezza. Ma è proprio questo il punto, il lato quasi più difficile da interpretare da parte di molti uomini e di non poche donne nel momento in cui si legge il passato con gli occhiali del presente: è cambiato il mondo, è cambiato forse troppo in fretta, ma almeno in qualcosa è cambiato in meglio. Quanto ai danni collaterali, questi ricordano molto ciò che accade nei terremoti: se tra le rocce nel sottosuolo per lungo tempo si accumula tanta energia, viene un momento in cui questa si deve scaricare con tutta la sua forza devastante.
Ci sono comportamenti che erano sbagliati anche prima, ma la cultura dominante consigliava di sopire e non lasciava margini di comprensione: si fa così, così è la vita, così fan tutti. Bene, oggi improvvisamente non è più così, fine. Prendiamone atto. Come per le sigarette nei vecchi film, è sufficiente guardare una innocente pellicola degli anni 80 o 90, non solo le copertine dei settimanali di allora, per rendersi conto di quale fosse l’immagine e il 'posto' della donna nella società.
E di come fosse giusto evolversi. Oltre che per rendersi conto che oggi è in atto un cambio di paradigma, necessario, dovuto anche a una transizione generazionale. Dunque la questione non è tanto chiedersi se gli uomini potranno ancora corteggiare una donna (certo che potranno farlo: le parole non sono mai fuori moda); ma è utile provare a domandarsi a cosa porterà questa Tangentopoli sessuale, l’inquietante possibilità che una molestia, una prevaricazione, o anche solo un tentativo inelegante di giocare impropriamente su più campi possano essere portati alla ribalta persino dopo molti anni.
Evitando di scomodare termini come libertà o spontaneità, è difficile immaginarne gli esiti a medio termine, ma di sicuro nell’immediato la dinamica del potere dovrebbe tradursi in una stagione un po’ più casta o se non altro meno sbracata nei rapporti tra i sessi. Il che per chi è genitore, ma genitore sul serio, e non solo di figlie femmine, è una bella prospettiva. Ci sarebbe un altro aspetto, che riguarda più i maschi e chi o cosa li ha portati a essere in un certo modo. Perché in tutta questa vicenda è stato facile mettere gli uomini sul banco degli imputati e le donne su quello delle vittime.
Senza considerare fino in fondo il ruolo giocato dall’educazione in una società ipersessualizzata, dove gli schemi umilianti della pornografia sono diventati accessibili ovunque e grazie alla rete a qualunque età, e nella quale il pericolo di crescere bambini viziati che guardano ai corpi altrui come fossero giocattoli da possedere e dominare è forse più alto oggi che un tempo. E dunque la domanda che ci si dovrebbe porre nella Giornata contro la violenza sulle donne forse è anche questa: cosa stiamo facendo oggi per non rischiare di crescere i molestatori di domani?