Gentile direttore,
la nostra comunità, nella diocesi di Forlì-Bertinoro, sta vivendo un momento particolare di grazia per la situazione e la testimonianza di nostri sacerdoti: don Tedaldo Naldi, 85 anni, da tempo molto malato e sofferente, che spesso concelebra la Messa con don Marcello Vandi, 87 anni, missionario fidei donum per oltre 30 anni in Venezuela e ora in pensione e malato nel suo paese natale, Rocca. Gli anni e la malattia hanno segnato il corpo e la mente, il corpo ha perso vigore e la mente a volte la sua lucidità. Ma resta intatto ciò che sono e rappresentano, ciò che benedicono, ciò che consacrano, le omelie magari stanche ma ancora pungenti e la dedizione e fedeltà di una vita intera alla propria missione. E fa tenerezza vederli all’altare a concelebrare con passo incerto, la voce flebile aiutandosi l’un l’altro, l’uno indicando all’altro cosa fare in un momento di smarrimento e l’altro a cercare di sorreggere la fatica di alzarsi dalla seggiola divenuta ormai compagna per gran parte della celebrazione eucaristica. È la Chiesa della fragilità, della finitezza che è destino di ciascuno e ci mette di fronte a ciò che cerchiamo di eludere nel nostro vivere quotidiano. È il Vangelo che si fa storia nella nostra provvisorietà, nei nostri bisogni, nel nostro cammino, nella sera che cala tenera e anche faticosa, e raccoglie i sogni e le speranze di una vita intera. È l’attesa del Mistero e di un Incontro, e la nostra fragilità, a volte, parla più di una dotta e ricercata omelia perché è solo ciò che è vissuto che si fa storia e racchiude per intero il nostro destino. Ci godiamo quindi questa tenerezza per il tempo che Dio vorrà, guardando a ciò che è grande in quello che ci può apparire fragile e povero.
Tarcisio Monti
Mi sembra di vederli, don Tedaldo e don Marcello. Un po’ per il suo bel racconto, gentile amico, e un po’ perché, in effetti, ho visto e ammirato molte volte la dedizione di preti come loro, coetanei del nostro amato Papa, e fedeli come lui sin nella vecchiaia più profonda alla Voce che li ha chiamati. Possono apparire «fragili» e anche «poveri» come ogni persona anziana, è vero, ma solo perché si sono interamente spesi seguendo Cristo e servendo i fratelli e le sorelle. E ancora continuano. È la Chiesa della tenerezza, della fragilità e dell’infinita, evangelica generosità. Mi colpisce molto che preti come loro non facciano quasi più notizia nel 'circo mediatico' di cui, da giornalista, faccio parte ormai da quarant’anni e che oggi tende a dar spazio e rilievo solo a chi tradisce in un modo o nell’altro la propria vocazione. Eppure è di uomini della benedizione, e del loro pungolo buono, che la gente del nostro tempo disorientante, smemorato e, spesso, iroso ha più che mai bisogno.