Caro direttore,
ho letto su “Avvenire” di venerdì 2 giugno la lettera con la quale Antonio Thellung, anziano artista ora totalmente dedito all’altrettanto anziana moglie, ha detto la sua nel dibattito su senso ed etimologia della parola “badante”. Ha parlato di sé, sposo che si prende cura della sposa, come “badamante”. Trovandomi in una situazione quasi analoga, preferisco essere chiamato “marito”. Cordiali saluti.
Alvise Merini
Marito è una bella parola, solida e descrittiva dell’impegno sponsale di un’umanità al maschile (il latino mas,marissignifica appunto maschio, virile). Chi vive e agisce bene – come lei, caro professor Merini, e come il maestro Thellung – usa bene, comunque bene, pure le parole. Credo, poi, che tutti coloro che con le parole sanno giocare, senza sporcarle, possano aiutarci a pensare, a sorridere e persino a trovare ulteriori energie nelle prove più impegnative ed esigenti. Auguri cari. (mt)