Gentile direttore,
scrivo queste poche righe per ringraziarla dell’editoriale «L’umanità? Né di sinistra né di destra» che venerdì 14 dicembre ha dedicato al “caso Lodi” oltre che alle conseguenze terribili del Decreto sicurezza. Faccio parte, insieme a molti altri, del Coordinamento Uguali Doveri, che negli ultimi tre mesi ha condotto una “battaglia” serrata a sostegno delle famiglie colpite dal Regolamento discriminatorio del nostro Comune, anche cercando di raccontare una verità diversa da quella leghista. Il suo articolo e il riferimento al nostro “giudice a Milano” mi ha commosso e rincuorato in mezzo a tanta stampa che, pur attenta, si è dimostrata spesso approssimativa o superficiale. Sono tempi difficili, la vittoria di pochi giorni fa ci ha dato forza e ci ha reso felici. Felici leggendo la felicità, lo sbalordimento e il sollievo nei volti delle persone che, davvero, con le norme lodigiane hanno dovuto fare i conti. Si tratta di famiglie che da anni vivono in città, i cui figli sono nati qui e che qui si stanno integrando: quello che è accaduto le ha colpite profondamente. Ed è stato un dolore. Non le voglio far perdere troppo tempo; non leggo abitualmente “Avvenire” e, pur battezzata, non sono praticante né credente, ma guardo con attenzione al “suo” mondo e sono convinta dell’importanza del valore della coerenza e della testimonianza, soprattutto di questi tempi. Auguro buon lavoro e buona vita a lei e ai suoi colleghi e la ringrazio ancora. Con stima.
Michela Sfondrini Lodi
In questo giornale cerchiamo di essere all’altezza della nostra dichiarata ispirazione, dell’esigente tempo che viviamo e, particolare per me decisivo, dei nostri lettori. Anche di quelli più saltuari od occasionali. Sono certo, cara signora Michela, che possiamo essere in libera sintonia anche su questo. So che lei è una libraia colta e sensibile e sono stato ben felice, da cronista, di constatare che è una cittadina determinata e coraggiosa. Ma chi l’ha detto, gentile amica, che le sfide disarmate e controcorrente come la vostra (e la nostra) non possono essere vincenti e soprattutto convincenti? C’è stato un giudice, ma c’è stata e c’è una società attiva, impegnata “per” e non “contro”. Grazie di cuore, perciò, a lei e a coloro con cui ha condiviso la buona battaglia “per” la pari dignità di tutti i bambini e di tutte le famiglie residenti a Lodi. Una battaglia niente affatto solitaria, nata “dal basso” e che ha unito tante persone diverse, credenti e no, singoli e associazioni, nel Coordinamento intitolato agli Uguali Doveri. Nome splendido, programma necessario, solida sostanza civile e fondamentale segno di contraddizione nella strana stagione del “dirittismo” senza dirittura e della discriminazione senza vergogna.