Noemi Sciarretta
Caro direttore,
leggo tante cose sul caso del piccolo Charlie Gard da persone che vivono al di fuori della malattia, senza sperimentarla, senza sapere davvero che cosa è la malattia grave di un proprio figlio. La cosa più semplice che avviene in questi giorni è giudicare la vita degli altri. Lo fanno i medici, lo fa la gente, lo fanno i giudici a cui ci si rivolge e ai quali la legge in Inghilterra e altrove dà questo potere. Io dico, invece, che la strada è un’altra.
Sono il padre di Noemi, la piccola di Guardiagrele (Chieti) affetta da Sma1, grave malattia neurodegenerativa, di cui ha scritto anche “Avvenire”. Noemi ha da poco compiuto cinque anni, passati a lottare – insieme a noi genitori, al fratello e ai tantissimi che le vogliono bene – contro questo male. La piccola è molto conosciuta per aver incontrato papa Francesco e anche per le mie battaglie di padre: sono presidente dell’associazione Progetto Noemi Onlus (www.progettonoemi.com), che si batte per ottenere cure e assistenza ai pazienti, ma anche alle famiglie chiamate ad assistere 24 ore al giorno i propri cari non autosufficienti. Noemi è così diventata simbolo di tanti bambini, di tante persone e di tante famiglie che chiedono sostegno e considerazione rispetto al dramma che vivono quotidianamente.
La vicenda di nostra figlia si intreccia con quella di Charlie Gard. Ci rivediamo molto in questo dramma: anche noi abbiamo vissuto momenti terribili, avevamo davanti il buio e la mancanza di speranza. A Noemi, quando è nata, diedero infatti tre mesi appena di vita, ma decidemmo di permetterle di andare avanti fino a quando sarebbe stato possibile, anche se “attaccata a macchinari”. E oggi in casa di macchinari ne abbiamo dieci, con poca assistenza e supporto. I medici ci dissero: “Non ha speranza”. Ma, nonostante tutto, alcuni di loro ci hanno accompagnato e seguito nella nostra scelta.
Quando nostra figlia aveva tre mesi nessun medico avrebbe immaginato che Noemi, oggi, sarebbe stata in grado di dipingere dei quadri stupendi, con la poca forza muscolare che ha. Beh, a distanza di anni quegli stessi medici ci chiedono uno dei suoi quadri, che per noi hanno un valore inestimabile.
Il mio messaggio di padre è insomma chiaro: nessuno si erga a giudice, nessuno si permetta di strumentalizzare e ideologizzare vicende così intime e delicate. I genitori devono essere libere di decidere in dialogo e alleanza coi medici. E chi fa le leggi deve rispettare e rendere possibile questa condizione di libertà e di collaborazione. Perché se c’è una speranza, vale la pena di percorrerla fino in fondo. È semplice giudicare stando al di fuori del problema. Potremmo invertire per un giorno le posizioni, e vi assicuro che anche la persona più saggia e razionale si sentirebbe messa in discussione se è suo figlio o sua figlia a rischiare la morte. Ciò che bisogna fare è accompagnare e sorreggere la famiglia, analizzando tutte le possibilità e alimentando una ragionevole speranza, ma ricordandosi anche che i miracoli sono sempre possibili, come il sorriso di Noemi dimostra.
Chi non la conosce, immagina Noemi come una bambina che soffre enormemente, “attaccata ai macchinari”, e rimane esterrefatto quando di fronte si ritrova una bimba che sorride! Questo è il mistero della vita, che nessun uomo al mondo ha il potere, il diritto di giudicare. In questi cinque anni di vita di Noemi, la ricerca ha fornito il primo farmaco per la Sma1, non una cura che guarisce ma un farmaco che aumenta di molto la qualità di vita. Nessun medico, cinque anni fa, lo avrebbe immaginato.
La ricetta secondo la nostra concreta esperienza non è staccare la spina, ma poter fare esprimere la ricerca, i medici, i genitori. Ricordiamoci tutti che la medicina, la scienza, è fatta da uomini che hanno deciso di studiare e agire con la speranza di migliorare la qualità di vita del paziente anche inguaribile. Ci sono migliaia di famiglie che lottano ogni giorno per il diritto alla vita, e in verità di queste si parla poco. Famiglie logorate dalla mancanza di assistenza e di contributi e dagli ostacoli burocratici che rendono difficile persino garantire il respiro del proprio caro disabile gravissimo. È questo che non dovrebbe mai accadere, se il “diritto alla vita” esiste davvero…