Lunedì 10 luglio sono stato ad Avola, da don Fortunato Di Noto, prete siciliano impegnato nella lotta alla pedofilia e alla pedopornografia. Alla gioia dell’abbraccio sincero, fraterno, con Fortunato, si è aggiunta un’angoscia mortale che ancora mi accompagna. Ci avevo riflettuto e pregato su tante volte, alla fine ho sentito nel cuore che 'quella cosa' andava fatta. Avevo paura, ero agitato, ma ho voluto calarmi nell’inferno fetido e disgustoso che i bambini stretti tra le grinfie di un pedofilo debbono sopportare. Don Fortunato, su mia richiesta, mi ha fatto vedere qualche video pedopornografico. Qualcosa da non credere. Scene disgustose e orripilanti oltre ogni limite dell’umana sopportazione. Neonati in preda alle voglie malate di un adulto. Corpicini indifesi. Pianti disperati. Tenerissimi fratellini nostri costretti a subire violenze sessuali che non so descrivere. Peggio che vederli stritolati e divorati da un viscido serpente. Non credevo che l’uomo potesse arrivare a tanto. Ancora non riesco a capacitarmi di come un essere umano adulto possa eccitarsi, provare piacere, fare sesso con una bambina di pochi giorni, di pochi mesi. Invece accade. E non una volta sola, i numeri sono spaventosamente alti.
Purtroppo la volontà di liberare i bambini da questa piaga purulenta è flebile, labile, insufficiente. Ancora facciamo poco, troppo poco. Ancora non affrontiamo questo dramma dalle dimensioni immani con le armi adeguate. E invece possiamo e dobbiamo fare di più. Adesso, subito. Questi bambini piangono, chiedono aiuto. Invocano la nostra protezione. E noi? Dove siamo noi? Questi filmati – orrendi, spietati – vengono venduti su internet a prezzi esorbitanti, e tanti corrono a comprarli. Quanti sono nel mondo gli stupratori dei bambini? Chi li controlla? A chi si rivolgono per accaparrarsi i bambini da violentare? I neonati non si trovano per strada. Come avevo previsto quelle scene inaudite mi hanno disgustato fino a togliermi il sonno. Una rabbia immensa si è impadronita di me. Ho capito che don Fortunato non può, non deve essere lasciato solo. Mi sono chiesto che cosa avrei potuto fare. Ho scritto e telefonato a tanti amici chiedendo loro di scendere in campo in questa battaglia immensa e nobilissima.
Domenica scorsa, sul 'Sole 24 Ore', don Bruno Forte, teologo napoletano e vescovo di Chieti-Vasto, ha firmato un bellissimo articolo. Tra l’altro ha scritto: «Infine, vorrei fermare l’attenzione sui bambini oggetto di violenza e di abuso in forme aberranti, secondo un fenomeno purtroppo in crescita. Mi ha scritto di recente un amico sacerdote da anni impegnato nella 'terra dei fuochi' a favore dei più deboli, don Maurizio Patriciello: 'Sto tornando a casa dopo una giornata passata ad Avola con don Fortunato Di Noto. Non avevo mai visto foto e filmati di neonati violentati. Orribile. Inaudito. Spaventoso. Ho l’animo lacerato. Internet è diventato il complice spietato di questa gente. Dobbiamo fare qualcosa di più. Sono piccoli, non hanno voce se non per piangere. Ma a 'quelli' il pianto li eccita ancora di più... Credo che come fu per i campi di sterminio alla fine della guerra deve essere per questi bimbi lacerati. La gente deve vedere... per potersi veramente scandalizzare... Facciamo qualcosa... Alziamo di più la voce. Portiamo in Parlamento con più forza questo dramma dalle dimensioni immani... Parliamone...'». Forte conclude: «Occorre levare insieme le nostre voci a difesa dei più piccoli (…) è l’appello che lancio in particolare ai parlamentari e ai politici di ogni colore, perché il loro intento di servire il bene comune si traduca in una volontà corale di difendere i più deboli e di tutelarne la dignità sacra e inalienabile di persone umane».
Sotto i miei occhi è caduto poi un articolo pubblicato su un altro giornale ('Il Fatto quotidiano'): «Così la chiesa fabbrica pedofili già nei seminari». Leggo con interesse, senza preconcetti. Amo troppo la libertà e la verità per rimanere ostaggio di qualche pregiudizio. Al primo posto vanno messi i bambini. Sono loro il Cristo in croce da schiodare. Sono loro gli innocenti incatenati da liberare. È a loro che deve essere restituita la gioia di vivere. Tutto il resto viene dopo. Su questo occorre essere fermissimi. La verità, però, va detta sempre, da tutti, anche quando non fa comodo. Perché altri innocenti non abbiano a soffrire. Perché le ideologie non prendano il sopravvento. Perché interessi di parte, gli odi contro la Chiesa di Cristo, i tentativi di depistaggio non inizino a fare capolino. La verità è indispensabile per rendere più bello e trasparente il volto di Cristo e dell’umanità. Partendo dal 'caso Ratisbona', il giornalista si dice convinto che «la Chiesa Cattolica non solo ha protetto i pedofili, ma, involontariamente, li ha costruiti». Incredibile ma vero. Analisi sociologica oltre i confini della realtà. E perché mai? Perché «quei preti erano da un canto immaturi affettivamente e quindi incapaci di stabilire relazioni amorose paritarie e responsabili, dall’altro assetati di occasioni per manifestare la propria volontà di dominio e di potere appresa con tutta probabilità proprio nei seminari, dopo essere stati a propria volta oggetto di abusi e di violenze. Ma anche dopo aver imparato, nelle classi e nei corridoi, che Dio ha diviso gli esseri umani in due blocchi: quelli normali e i preti. E che appartenere al secondo blocco significa quasi assomigliare al Creatore».
Le illazioni, le analisi superficiali, gli strafalcioni sono sempre esecrabili. Da qualsiasi parte vengano. Che nei seminari si apprenda che «Dio ha diviso gli esseri umani in due blocchi: 'quelli normali e i preti'» è una frivolezza che mi giunge nuova. In seminario ci sono stato. Mi chiedo: perché banalizzare un angoscioso dramma che tutti ci accomuna? Perché distrarre l’attenzione per andare dietro a parole tanto vuote quanto inutili? Il collega è convinto che oggi, in questo campo, le cose vanno bene «perché è cambiata la società, sono cambiate le famiglie, si è affermata una cultura che rende impensabili quegli atti e che, a differenza di quanto avveniva in passato, ascolta e prende sul serio i bambini. È cambiato il mondo, è cambiata molto meno la Chiesa, che continua a formare negli stessi luoghi di sempre, i seminari tutti maschili, il suo clero celibe». A parte le offese gratuite di cui non teniamo conto – in quento momento ci interessano i minori, il loro bene, la loro liberazione, la loro dignità – non è vero che i bambini siano oggi più protetti. Al contrario, come dimostra bene don Fortunato, la pedopornografia online è talmente in crescita da assurgere ad affare milionario per tanti. Sulla pelle di bambini veri, come avvoltoi, planano a migliaia i pedofili, anche virtuali.
Non è vero – al contrario è un inganno che fa comodo ai pedofili – che la pedofilia e celibato siano da associare. Se così fosse non dovremmo avere tra gli stupratori di bambini papà, zii, nonni, cugini, amici di famiglia, sportivi, personale ospedaliero, insegnanti regolarmente sposati. Non conviene nemmeno – come qualcuno ha tentato di fare con la piccola Fortuna Loffredo, stuprata e uccisa a Caivano – associare pedofilia e povertà, perché tantissimi strupratori, poveri non lo sono affatto. Anzi, a volte, sono talmente ricchi da permettersi di girare il mondo per mesi alla ricerca di piccoli esseri innocenti da abusare. Se in passato ci sono stati dei vescovi che, sbagliando, hanno creduto di dover occultare dolorissimi fatti di pedofilia da parte del clero, per impedire scandali che avrebbero sconvolto la fede dei credenti, oggi, compreso l’errore, e chiesto perdono alle vittime, questo non avviene quasi più, mentre non tentano a scemare, ma ad aumentare gli scempi perpetuati sui bambini. Restringere il mostro della pedofilia a qualche settore della società può illudere gli ingenui inesperti di avere reso un servizio alla verità, invece è proprio la verità che viene a essere bistrattata. Guai a noi se ci lasciamo prendere la mano scrivendo cose non vere, o pensando di dover ridimensionare il dramma. Guai a noi se crediamo che di queste cose sia meglio parlarne a bassa voce.
Abbiamo bisogno di ascoltare e interrogare gli esperti. Don Di Noto lo è diventato. Lui, in questo campo, autodidatta per amore. A don Fortunato l’Italia deve moltissimo. Non a caso i pedofili lo odiano, lo tengono d’occhio, lo minacciano. Abbiamo bisogno di metterci in ascolto, di imparare. Con umiltà. Abbiamo bisogno di vedere con i nostri occhi di cosa sono capaci certi uomini. Abbiamo urgenza di liberarci dalle false convinzioni. Dobbiamo gridare, tutti insieme, tanto forte da far rimbombare il mondo, scuoterlo dalle fondamenta. Ognuno facendo la sua parte. Se una nuova sensibilità sta prendendo piede, approfittiamone. Liberiamo i bambini dagli stupratori. Tutti i bambini, di tutto il mondo. Mettiamoci insieme e cerchiamo le strade, le armi, i mezzi per correre a combattere su questo campo di battaglia. Mettiamoci la faccia. Impediamo ai carnefici stupratori di continuare a mietere vittime innocenti.