Caro direttore,il movimento referendario si batté non solo contro il controllo del voto associato alla preferenza plurima, come lei rileva, ma anche proprio contro il sistema delle preferenze. Infatti il referendum del 1991 era solo uno dei tre originariamente previsti e l’unico sopravvissuto alla sentenza della Corte costituzionale ed era comunque visto come una soluzione–ponte verso il collegio uninominale che fu poi varato col referendum del 1993. La preferenza in ampie circoscrizioni plurinominali, come quelle che erano vigenti per la Camera, al di là del controllo del voto, era indissolubilmente legata a un carattere spropositato delle spese elettorali, che incentivava forme di dipendenza da lobby e di corruzione. Basta rileggersi cosa dice sul sistema delle preferenze il presidente Cossiga nel suo ultimo libro. Tant’è che negli ultimi anni della cosiddetta Prima Repubblica ricordiamo quasi solo figure chiave che erano elette al Senato, senza preferenze.Nelle grandi democrazie si usa il collegio uninominale. Quello a doppio turno ha per così dire una primaria incorporata perché permette anche candidature dissidenti nel proprio campo rispetto a quella ufficiale, ma anche quello a turno unico è perfettamente compatibile con primarie. Inoltre riduce al minimo i costi delle campagne e punisce di per sé forme di candidature paracadutate perché alla fine, comunque, la scelta del candidato incide sul risultato. Il candidato è conoscibile direttamente e scelte sbagliate si pagano.Cari saluti
Stefano Ceccanti, senatore Pd
Tutto vero, caro senatore. Ma non vedo il punto: io ho ricordato non ciò che auspicavano e perseguivano i referendari come lei, bensì quel che effettivamente votarono e chiesero gli italiani come me che resero valido e approvarono il referendum del 1991. Quanto alla compatibilità delle primarie con i collegi uninominali la pensiamo alla stessa maniera, tant’è che anche pochi giorni fa lamentavo il fatto che negli anni dell’uninominale all’italiana (quelli del cosiddetto “Mattarellum”) mai nessuno schieramento ci ha consentito di scegliere con questo strumento i candidati di collegio, regolarmente “paracadutati” dai leader nazionali. Aggiungo però che pure la preferenza unica è perfettamente compatibile con un sistema a liste concorrenti, anzi – a mio avviso – è democraticamente indispensabile. Quanto ai costi delle competizioni democratiche, mi limito soltanto a ricordare che esiste l’istituto dei “tetti” alle spese dei singoli candidati e che, comunque, versiamo (con modalità assai generose) più che lauti rimborsi elettorali ai partiti. Un caro saluto (mt)