sabato 25 gennaio 2014
COMMENTA E CONDIVIDI
di Ferdinando Camon S crivo questo pensiero su Carlo Mazza­curati mentre lui aspetta l’ultimo sa­luto dagli amici in una stanza del Cuamm, nella mia-nostra città, Padova. Il Cuamm sta alla nostra storia borghese-consumi­stica come un santo sta a una città di pec­catori.
Se penso al Cuamm, che come sapete in­via medici nei Paesi più poveri del mondo a curare mali che altrimenti nessuno cura, penso alla scena-clou di un medico che e­ra andato dove non c’erano ospedali, am­bulatori volanti, niente: c’era un tendone, sotto il quale due-tre medici aspettavano i malati che arrivavano con i mezzi più di­sparati. Il medico di cui parlo fu chiamato a una capanna.
Arriva, entra. In fondo, su un letto sfatto, sta una bambina che stril­la. Ha una forte emorragia, le hanno pra­ticato l’infibulazione, soffre i dolori del­l’inferno, non fa altro che piangere. Il me­dico entra, capisce tutto, per prima cosa le smorza il dolore, poi le cuce la ferita. Rac­conta: «La piccola mi stringeva una mano e continuava a ripetere: Oba, oba». Oba vuol dire 'papà'. La piccola aveva scelto co­lui che la salvava come nuovo padre. 
​Ecco cosa sono i medici del Cuamm: padri del mondo. In questo momento Mazzacurati sta nella sede del Cuamm e attende nella bara i sa­luti degli amici, perché ha capito, rispetta­to, ammirato, filmato (la regia era il suo mestiere) il lavoro dei medici. È giusto che il suo addio alla città e al mondo avvenga lì.
Leggo una frase di Mazzacurati, i gior­nali di qui rievocano tutto di lui, non so dove l’ha detta né perché, ma è bella, u­mana, cristiana. Dice così: «Ogni persona che incontri sta combattendo una batta­glia di cui non sai nulla. Sii gentile. Sempre». È un pensiero semplice e profondo nello stesso tempo. Dice che ognuno è uno, nes­suno e centomila, ma non come pensava Pirandello (il suo è un testo ingenuo), ma come pensava Freud. 
Noi vediamo uno, che non è mai quello vero. Dentro ce n’è un altro. Quest’altro è in guerra. Una guer­ra che subiamo e perdiamo. Siamo vitti­me. Tra vittime ci si compatisce. Perciò, consiglia Carlo, compatisci chi incontri. Non pretendere di capire prima quale guerra combatte, e se vince o se perde. Mazzacurati aveva un cancro da due an­ni. Non lo diceva in giro. Solo gli amici più stretti lo sapevano. Non voleva essere am­mirato, ma amato. Senza che chi lo incon­trava sapesse il suo terribile segreto. Ama­to, e basta.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: