Cari bimbi, fate pure rumore
lunedì 15 luglio 2024

Lo confesso. Ogni volta che vedo passare in tivù gli spot che promuovono vacanze in strutture debambinizzate, cioè senza che sia possibile portarvi i bambini, mi viene il nervoso. Penso a quelle località che espongono il cartello “paese denuclearizzato” e mi viene spontaneo associare i bambini all’incubo nucleare. Perché per certi adulti, e per l’ideologia che sta dietro a certi messaggi, i più piccoli, evidentemente, proprio a un incubo assomigliano. Fanno chiasso e capricci, richiedono menu differenziati, sono nemici delle ore piccole, impediscono ai grandi di stare in santa pace. In una parola disturbano. E dunque bisogna tenerli lontani, cancellarli dal proprio orizzonte, esorcizzarli quasi, come se fossero piccoli diavoli. Si chiama individualismo estremo. Ma si pronuncia con l’accento suadente della mentalità woke, questa specie di Frankenstein di molte correnti di pensiero, che però trovano nell’esaltazione dell’individuo e dei propri bisogni, a scapito di tutto e di tutti, il loro tratto unificante.
Il rifiuto dei bambini è solo l’ultima frontiera. E sembra una follia, dato l’inverno demografico che attanaglia l’Italia (e gran parte del mondo occidentale) e i cui effetti devastanti non mancheremo di sperimentare tra qualche anno in termini di pensioni e di welfare, ad esempio. Eppure si continua un po’ tutti a ballare sul Titanic, perché il fastidio per i piccoli è ben più che una trovata da pubblicitari radical-chic o da dj delle radio. Anzi, sta diventando – è questo è l’aspetto peggiore – mentalità diffusa, cioè “cultura”.
Qualche sera fa, andando a buttare la spazzatura – erano da poco passate le 23 – sono stato accolto da un vociare di fanciulli sul marciapiede del palazzo dove abito. Nel ristorante sotto casa c’era una festa di compleanno e quell’armonia dissonante di voci e di allegria mi è giunta quasi nuova. Una volta, quando ero bambino anch’io, per le vie del mio paese era invece colonna sonora pressoché costante. Così mi sono fermato ad ascoltare, come ci si ferma davanti alle prime note di Va pensiero o alla magia di Mozart e di qualsiasi altro capolavoro della musica. L’incanto, però, è durato solo qualche secondo. Fin quando dai piani alti di uno dei palazzi lungo la strada è giunta una nota stonata: «Basta. Silenzio. Andate via».
Dopo lo sconcerto dei primi momenti, le voci si sono abbassate, i genitori hanno richiamato i loro figli e in poco tempo la festa è finita. Al posto loro avrei voluto gridare io. Continuate a fare chiasso, continuate a farci sentire la vostra polifonia di voci infantili, continuate a riempire questa sera d’estate del suono della vita. Anzi raddoppiate i decibel, perché dei bambini, della loro presenza, della loro gioia di esistere, anche dei loro capricci talvolta, non ne avremo mai abbastanza. E chi non ama questa musica, forse non ama l’umanità in genere e in fondo neanche se stesso. Saint-Exupery ne Il piccolo Principe scrive che «tutti i grandi sono stati bambini. Ma pochi di essi se ne ricordano». E Jung aggiunge che «se c’è qualcosa che vorremmo cambiare in un bambino, dovremmo prima esaminarla e vedere se non è qualcosa che faremmo meglio a cambiare in noi». Ecco, per rispondere alla follia dei bambini considerati un fastidio, non sarebbe male ripartire da queste due massime. Nel frattempo, anche se i miei figli ormai sono già grandi, comincerò con il boicottare tutte le strutture ricettive che non accettano bambini. E benedetto sia il loro chiasso.


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