C’è uno strazio nella visione delle campagne sommerse dall’acqua, che il lettore cittadino non può cogliere. Per sua fortuna. Perché la visione dell’acqua dove c’è sempre stata la terra è innaturale, indica che qualcosa s’è rovesciato nell’ordine del mondo. E la Natura si vendica. Anzitutto non ci darà più la frutta. Le terre emiliano-romagnole, ora coperte dall’acqua, sono le più grandi fornitrici di frutta alla nostra nazione. Entrare in un campo coltivato a frutta, quando la frutta maturava, cioè in questi mesi, era inebriante. L’odore dei frutti si sentiva a centinaia di metri di distanza. Le pesche, per esempio. Lo sentivamo noi, ma lo sentivano anche le api. Le api ronzano intorno ai frutti fin da quando i frutti sono ancora fiori. Vedere i fiori che diventano frutti è consolatorio, ti dà l’idea della rinascita, dell’immortalità, l’immortalità della Natura e quindi la tua immortalità.
I narratori russi innestano spesso sulla narrazione di una morte la narrazione di una nascita: questa corregge quella, se c’è questa non c’è più quella, e chissà se quella c’è mai stata. Mia madre morì di maggio, e mio padre passava per le file dei frutteti respirando a pieni polmoni l’odore dei fiori e lamentandosi: «E lei non c’è più!». Gli sembrava un’ingiustizia. Era un’ingiustizia. Giustizia è, dopo che si è lavorato ai frutteti, vedere i fiori e i frutti. Sto dicendo una cosa delicata e sovraccarica, che ha bisogno di una spiegazione: giustizia può esserci dove si lavora e si fatica. E la fatica dà i suoi premi. Questo ciclo adesso s’interrompe: per alcuni anni non vedremo pesche, albicocche, kiwi, cachi e susine. I frutti sono persi, e anche gli alberi, perché gli alberi crescono con l’acqua, è vero, ma con troppa acqua muoiono e bisogna ripiantarli. Le radici sono polmoni e i polmoni han bisogno di aria, gli alberi immersi nell’acqua muoiono di una malattia che si chiama “asfissia radicale”. Gli alberi asfissiati è meglio cavarli e ripiantarli. E quanti sono? Tanti milioni, circa dieci milioni. In questo momento nelle campagne, specialmente della Emilia-Romagna, è una immensa moria di vegetazione. Chi cammina attraverso i campi adesso, se ha il senso della Natura, sente questa moria: perché cammina in mezzo alla morte. Dicono che fa più rumore un albero che cade di una foresta che cresce. In questo momento noi sentiamo già il rumore degli alberi che dobbiamo far presto cadere per sostituirli.