Gentile direttore,
ho 38 anni e sono medico. Le scrivo con la speranza che questa lettera sia pubblicata come simbolo di tolleranza. Vorrei raccontarle la mia storia e il motivo per il quale mi batto per estendere anche alle persone singole il diritto di poter adottare un minore. Grazie anche alla proposta di legge di cui si fa da anni promotrice in Parlamento l’onorevole Laura Ravetto, ho trovato il coraggio di non arrendermi, sicura che prima o poi per noi single le cose in termini di affido e di adozioni cambieranno. Infatti, ho lanciato una petizione online a sostegno della proposta di legge sulle adozioni da parte delle persone single e il 16 novembre 2018 insieme alla citata parlamentare ho tenuto una conferenza stampa alla Camera dei deputati di presentazione della ddl sostenuto da 19.000 firmatari. Nell’ospedale dove lavoro, nel marzo 2018, è nato il piccolo “G.”, un bambino meraviglioso, che la mamma ha abbandonato alla nascita. G. veniva accudito ogni giorno dalle infermiere e dalle ausiliarie del nido; io nelle pause di lavoro, lo prendevo in braccio, lo facevo addormentare e quando potevo gli davo il biberon. Avevo comprato per il bimbo le tutine, i completini in caldo cotone, i calzini, il carillon, la copertina... Siccome mi ero molto legata al bimbo, avevo deciso di chiederne l’affidamento al Tribunale dei Minori, anche se all’epoca non facevo parte dell’elenco degli affidatari e se sono single. Sono convinta, però, che da me il piccolo avrebbe avuto tutto l’amore possibile e anche di più. Ho una famiglia alle spalle che mi supporta e a G. non sarebbe mancato mai niente. In Italia non esiste una legge che consente ai single di adottare bambini (se non affidi speciali) e io non lo ritengo giusto, perché sono consapevole di poter dare a un bambino quello di cui una mamma biologica lo ha privato. Io non ho avuto in affido G., il bambino è andato a una coppia senza figli, che lo aspettava da tempo... ma anch’io ho i miei sentimenti e questo mi ha causato un grande dolore. Anche in Ospedale ho sentito su di me la discriminazione generata dal fatto di non avere un compagno o un marito, come se mi avessero spezzato in gola ogni volta il mio desiderio di maternità quando spesso e volentieri parlavano della coppia che sarebbe venuta a prendersi il piccolo. Peraltro, un decreto del Tribunale dei Minori ha imposto che questo bimbo non ricevesse più visite da parte di “estranei”. Da allora mi sono state vietate le visite al bambino. Sono pur sempre un operatore sanitario, non una semplice estranea! Le leggi vanno rispettate e non discuto, ma il senso di umanità dov’è andato a finire? Non solo vengo “discriminata” dallo Stato Italiano per il solo fatto di essere una donna single, ma anche il bambino nella sua permanenza al nido è stato privato dell’unico affetto che al momento aveva: il mio. Un Paese laico che oggi non consente alle persone single di adottare bambini in difficoltà, non è un Paese civile, è un Paese che non ha a cuore fino in fondo il bene dell’infanzia e che non mette i propri cittadini sullo stesso piano di diritti. Non deve più esserci il privilegio di poche coppie sposate idonee all’adozione, ma deve diventare un diritto di tutti; tutti coloro che consapevolmente e con amore sceglieranno la strada dell’adozione per avere la possibilità di amare e crescere un bambino in stato di abbandono. Con questa lettera vorrei sensibilizzare i suoi lettori e, se possibile, tutti i cattolici italiani affinché si rendano conto che non devono più esistere discriminazioni tra coppie sposate, single, coppie di fatto, che quello che conta non è un corso per l’idoneità all’affido, ma l’amore che ognuno di noi, persona singola, può dare ad un bambino in stato di abbandono. Abbiamo bisogno di una legge giusta e di procedure semplificate per l’adozione e l’affido. Grazie! Cordialmente.
Serena Caprio
Gentile dottoressa Caprio,
il tema dell’adozione sta molto a cuore a noi di “Avvenire”, e il Direttore – per dialogare con lei – passa la penna a me che me ne occupo da anni. Sappiamo da tempo della sua battaglia per consentire l’adozione ai singoli; già lo scorso anno avevamo conosciuto, grazie a varie testimonianze da lei rese pubblicamente, il tenero affetto che l’ha legata al neonato abbandonato nell’ospedale in cui lavora. Siamo certi che i suoi sentimenti siano sinceri e il suo desiderio di maternità buono e legittimo; ma – per entrare in argomento senza preamboli – pensiamo anche che esiste una logica nella legge che regola le adozioni e che la preferenza per le coppie in essa espressa, almeno in prima istanza, abbia ancora e sempre un senso. La legge 184 del 1983 ha un grande principio ispiratore: l’interesse del bambino prima di tutto, davanti a tutto. Anche e soprattutto agli interessi degli adulti. Non esiste, come lei invece afferma, un “diritto” degli adulti all’adozione, coppia o singoli che siano, così come non esiste un diritto al figlio. Piuttosto esiste il diritto dei minori senza famiglia a trovarne una idonea a ciascuno di loro. E il superiore interesse del bambino è quello di avere al suo fianco – essendocene le condizioni – una madre e un padre, con la loro preziosa complementarietà. Ogni anno in Italia sono circa mille i bambini abbandonati alla nascita; le coppie in attesa dieci volte tante. A ragionar in modo pragmatico, già questa (s)proporzione renderebbe sterile ogni dibattito sull’accesso dei singoli all’adozione. Lei lamenta poi il fatto che il legame instaurato con il piccolo G. nei suoi primi giorni di vita sia stato ignorato dal Tribunale. Ma come avrebbero potuto i giudici agire diversamente? Esistono molti passaggi prima che una coppia sia dichiarata idonea ad accogliere un bambino senza famiglia; esistono graduatorie, compilate in modo oggettivo, rispettando i tempi, la disponibilità, la formazione degli aspiranti genitori. Che ne sarebbe della legittima aspettativa di quelle migliaia di coppie in attesa da mesi, se non da anni – lo scrive anche lei – se si procedesse all’adozione in base alle circostanze, a ogni situazione di fatto che si viene a creare intorno a un neonato abbandonato? Questa sì, sarebbe una grave ingiustizia. Infine, un’ultima notazione: la legge italiana non preclude ai singoli di accogliere minori in difficoltà, attraverso l’adozione in casi particolari o l’affido, che è una forma di amore ancora più grande e disinteressato. No, gentile dottoressa, non crediamo che la legge 184 sia crudele o discriminatoria, ma, al contrario, saggia. È certamente migliorabile, come (quasi) tutte le leggi, ma ha cardini solidi e giusti. Con ogni cordialità.