Quello gialloverde sarà anche il Governo del cambiamento, ma per le famiglie italiane no. E questo nonostante che, sulla base del Documento economico e finanziario appena aggiornato, si prepari a varare per il 2019 la Manovra più costosa degli ultimi decenni.
Si annuncia una Legge di Bilancio che porterà a spendere senza copertura, dunque aumentando il deficit, ben 27 miliardi di euro (54mila miliardi del vecchio conio, direbbe Bonolis). Soldi di tutti, "pagati" – prima ancora di cominciare a usarli – con una "penale in euro" da 3-4 miliardi di maggiori interessi sul nostro gigantesco debito pubblico (e speriamo che la corsa dello spread si fermi e magari regredisca) e con una "penale morale" – l’ennesimo condono ribattezzato «pace» – che darà allo Stato un gruzzolo una tantum e legittimerà una volta di più la pratica dell’evasione e della slealtà fiscale.
Soldi che verranno impiegati, in larga parte, per finanziare misure coraggiose o temerarie, secondo i punti di vista, contro l’accresciuta povertà di chi vive nel Bel Paese e, in minima parte, per la cosiddetta flat tax, la tassazione piatta annunciata a tutti i contribuenti e, «per cominciare», attuata invece solo per i lavoratori autonomi (artigiani, professionisti e piccole imprese: gli stessi che l’avevano già avuta, in modo più limitato, dal Governo precedente). Insistiamo su un punto: nonostante questo gigantesco impegno, niente di specifico e di significativo viene annunciato per il sostegno alla famiglia e, soprattutto, per la famiglia con figli. Vale la pena di averlo chiaro.
La decisione di risuscitare dopo anni di oblio un Ministero per la Famiglia (e la Disabilità), aveva fatto ben sperare, anche se oggi potremmo concludere che aver dato vita a un dicastero ad hoc ma "senza portafoglio" era stata in qualche modo programmatica. Infatti, persino nel momento in cui si dà fondo a ogni risorsa, sfidando quella che ieri, su questa prima pagina, Leonardo Becchetti ha definito la «legge di gravità» della finanza e del risparmio, il "portafoglio" per le politiche familiari non salta fuori. Non ci si decide, cioè, a impostare una politica strutturale di sostegno alla famiglia, e soprattutto alla famiglia con figli. E qui, ancora una volta, è necessario sottolineare che stiamo parlando di sostegno e valorizzazione della famiglia in quanto tale, quella fotografata negli articoli 29, 30 e 31 della nostra Costituzione, non di famiglie statisticamente povere. Perché la politica "per la famiglia", una famiglia per una equilibrata natalità, non coincide e non va confusa con la politica "contro la miseria".
La presa in carico dell’emergenza demografica italiana resta, insomma, una desolante non-priorità per tutti coloro che riescono a entrare nelle cosiddette "stanze dei bottoni". O, meglio, è una bandierina acchiappa-voti e attenzioni da sventolare con (più o meno) convinzione in campagna elettorale, e da ripiegare subito dopo. Abbiamo dovuto e dobbiamo dirlo a governi di centrodestra, di centrosinistra, tecnici, di larga coalizione e di cambiamento. Ai problemi, ai meriti, agli spazi e ai diritti familiari si possono dedicare ciclici, e anche molto accesi, dibattiti culturali e prese di posizione ideologiche pro o contro, ma "rispetto" vero e dunque soldi e cospicui no. Intanto, la popolazione italiana continua a invecchiare, i nuovi nati a diminuire, le solitudini ad aumentare, le reti parentali (il primo, spontaneo e solido sistema di welfare che ha sinora contribuito enormemente alla tenuta sociale del Paese) a estenuarsi.
Il reddito di cittadinanza o le pensioni di cittadinanza o qualsiasi forma di flat tax sono strumenti (suggestivi e opinabili, accattivanti e rischiosi) per interpretare un’azione di governo, ma non sono bacchette magiche. Neppure se usate tutte insieme, anzi men che meno se usate tutte insieme. È probabile che ce ne renderemo conto presto, magari quando cominceremo semplicemente a scoprire dove andranno a incidere i 13 miliardi di "tagli" necessari per non aumentare ancora di più la spesa a debito imposta dalla super-Manovra che verrà.
Allo stesso modo, neanche una politica strutturale e accogliente per la famiglia può fare miracoli, ma è certamente necessaria per ridare tonicità al corpo vivo della nostra società, e per contrastare e invertire un trend demografico disastroso come il nostro. Le esperienze di altri Paesi europei, dalla Svezia alla Francia, ci confermano che per riuscirci occorrono almeno vent’anni di costante favor familiae fiscale e nella messa a disposizione di servizi. È questo l’indispensabile investimento che manca, e che continua a mancare. Ma nessun cambiamento, così, prepara davvero il futuro. C’è poco da far festa.